Pensavo fossero casi isolati, invece durante le manifestazioni contro misure sanitarie e relativi divieti continuano ad apparire effigi o cartelli che riportano a paragoni con il regime nazista.
Forse urge un rapido ripasso.
Il Reich stabilì categorie per individuare chi fosse di “razza ebraica” e proibì i matrimoni e i rapporti extraconiugali tra ebrei e non ebrei, per non contaminare il sangue tedesco.
La contaminazione andava evitata anche con gli zingari e i neri.
Gli ebrei non potevano andare al cinema, al ristorante, a teatro, negli impianti sportivi (immagino che sia questa la parte cui taluni ignobilmente si aggrappano per elaborare certi paralleli da microcefali) ma non potevano neppure andare a scuola, all’università, recarsi in ospedale per essere curati, andare a votare, lavorare negli uffici pubblici, esercitare le professioni di medici, dentisti, veterinari, avvocati.
Furono costretti ad avere l’indicazione razziale sul documento di identità tramite una grande G.
La privazione di diritti e la pressione economica era mirata a indurre le persone ebree all’emigrazione, i cui costi erano pagati dagli ebrei medesimi.
Se espatriavano, il patrimonio era sequestrato.
Se morivano, ugualmente sequestrato.
Quando l’emigrazione divenne impossibile si procedette alle ghettizzazione nei territori a est, dove le malattie e la fame imperavano, senza che dall’esterno vi fosse alcun intervento di aiuto e con cure mediche negate.
Dopo la ghettizzazione, si arrivò all’ultima soluzione praticabile, quella finale, ovvero l’uccisione di massa che portò a 6 milioni di vittime senza distinzione di età, sesso, nazionalità.
Quanto al regime di dittatura sanitaria, il Reich nazista sino al 1941 uccise 70.000 persone perseguendo il suo programma di eutanasia che iniziò dai bambini con patologie gravissime per arrivare agli adulti affetti da problemi psichiatrici per infine colpire anche ragazzi con problemi comportamentali.
Il programma fu interrotto a seguito delle prediche del vescovo di Munster, von Galen, le cui posizioni critiche fecero infuriare Hitler.
Ciononostante fu proseguito sottotraccia con 200.000 morti stimati, parte dei quali utilizzati per sperimentazioni fondate su assunti non scientifici. In particolare il Reich cercava conferma di teorie del tutto infondate o mai provate scientificamente su presunte inclinazioni caratteriali ereditarie (il gene del nomadismo o del furto, per esempio) e sulla superiorità della razza ariana.
Una dei miti fondanti dell’antisemitismo, peraltro, fu un libro bufala ovvero quei “Protocolli dei Savi di Sion“, riconosciuto falso storico circolante da decenni già ai tempi di Hitler cui ancora qualcuno crede oggi, povero lui.
Esistono le opinioni, esistono le scelte, esiste la libertà di pensiero, va bene, ma questo paragone non si può fare proprio e squalifica qualsiasi posizione.
Il nazismo, fu un regime genocida, tirarlo fuori, utilizzarne i simboli o i gerarchi o i divieti o le persecuzioni per collegarlo a quanto accade oggi con le normative di contrasto alla pandemia non è solo una manifestazione di imbarazzante ignoranza storica, ma anche una mancanza di rispetto per la memoria di milioni di vittime innocenti: sminuire una tragedia simile, non riconoscerla nella sua enormità paragonandola a qualcosa che non c’entra nulla, significa percorrere un ulteriore sentiero di negazionismo della verità e della storia, più inaccettabile di tutti gli altri.
Altro che nazismo, altro che dittature sanitarie, ignorantismo, questo è il regime cui opporsi.