“The every” di Dave Eggers rappresenta il seguito del fortunato “Il cerchio”, fortunato romanzo (diventato anche film) che raccontava una multinazionale del web dove la giovane Mae Holland entrava iniziando un’ascesa basata sull’applicazione ossessiva alla logica della interazione social e della trasparenza assoluta: più sei visibile, più sei apprezzato e “giusto”.
Il segreto, il non detto, il non condiviso è il male.
“The every” racconta di un’altra donna, Delaney, la quale vuole farsi assumere nella nuova entità nata dalla fusione tra “Il cerchio” e il ciclopico venditore on line (una sorta di Amazon) “La giungla”.
“The every” si chiama, appunto, questo colosso monopolista che governa il mondo del web coi suoi servizi: social, app di ogni genere, acquisti e consegna The every offre “Tutto”, appunto.
L’obiettivo di Del è, però, diverso da quello di Mae che (nel frattempo) ha raggiunto il vertice dell’azienda: vuole infiltrarsi come un virus per distruggere il sistema che ha sempre avversato e che cancella la libertà dell’essere umano, lo stesso che ha cancellato anche l’attività della sua famiglia, aiutata dall’amico e programmatore Wes.
I temi di “The every” riprendono ed esasperano quelli de “Il cerchio”: il monopolio delle multinazionali, l’angoscia della reputazione web, il giudizio dato e ricevuto come necessità insormontabile, recensendo tutto, l’ossessione dello “shame” (la gogna mediatica se vieni ripreso a fare qualcosa di sgradevole, poco urbano, scorretto), la progressiva erosione di libertà e privacy che concediamo a software e macchine, la paura del mondo reale quando rimani costantemente nella protezione dello schermo.
(Geniale il momento di una visita aziendale di un giorno a una spiaggia di elefanti marini dove i dipendenti/utenti si ossessionano a programmare tutto, dalla visita, ai vestiti, al cibo,  alla musica sul pullman ma finiscono inevitabilmente per litigare in chat su ogni singola cosa e poi, di fronte agli animali, si indignano perché una guardia marina gli parla di morte e sopravvivenza al punto da dover seguire un percorso di recupero!).
Come per “Il cerchio” anche “The every” è una lettura che mi ha provocato ansia per come stringe addosso anche al lettore la pervasività di un web che si infila ovunque nelle vite dei protagonisti.
La trovata di Eggers, però, è quella di non dipingere questo mostro telematico solo come un mostro appunto.
Se queste erosioni di libertà, queste pressioni gigantesche sulla reputazione, il giudizio, la cura fisica, il rispetto delle regole, di vita, convivenza, anche ambientali, possono portare un effettivo miglioramento delle condizioni del mondo (per esempio quelle climatiche o di rispetto dei lavoratori) non è che questo Mostro-web ci può dare in cambio la salvezza?
Se la nostra libertà fosse il prezzo per aiutare il mondo?
Non è che sarebbe giusto fare ciò che secondo Eggers gli uomini bramano fare ovvero  agire con qualcuno che gli dice anzi gli garantisce con dei punteggi che stanno facendo il meglio per sé e per il mondo tutto?
Il problema del libro è che i temi sono forti e angoscianti, ok, però non sono più così “nuovi” ovvero sono una ripresa di quelli del primo romanzo.
Anche il percorso di Del, che vuole lottare contro il Mostro ma in qualche modo anche compiacerlo, ha tratti in comune con quello della protagonista dell’esordio.
I personaggi sono tanti, forse troppi, ma li ho trovati abbastanza bidimensionali, superficiali.
L’ironia che Eggers non lesina lascia una distanza nel lettore, almeno la ha lasciata in me.
Mi sono sentito in ansia per me stesso, in questo modo che potrebbe effettivamente virare verso un “Tutto” che lo domina, ma non per i personaggi e la protagonista.
Al di là della distopia, le sospensioni dell’incredulità richiesta sono molte, specie sull’ascesa di Del dentro Every e sul cambiamento repentino di approccio di due personaggi fondamentali.
La trama, in generale, è deboluccia.
Devo dire che questo è un romanzo cui manca qualcosa per cui stavolta l’idea, non più del tutto originale, non basta da sola a entusiasmare come era accaduto ne “Il cerchio”.
In sostanza, mi verrebbe da dire, è un sequel che non riesce ad aggiungere qualcosa di decisivo rispetto all’originale, al di là dell’angosciante sensazione di un mondo dove siamo sistematicamente osservati, giudicati, guidati, valutati, recensiti e il capitale umano non ha più un valore in quanto tale ma solo rispetto ai like e agli shame che riesce a ottenere o causare.

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Io sono Riccardo Gazzaniga.
Il mio ultimo romanzo si chiama “In forma di essere umano” e racconta la fuga e la cattura di Adolf Eichmann, responsabile dell’Ufficio Affari Ebraici del Reich a opera del Mossad israeliano,  cercando di mettere insieme il thriller, la Storial la non – fiction per raccontare come accadde che gli uomini  divennero mostri.
Per chi fosse interessato a questo tema, notizie ulteriori si trovano qui.

 

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