Terry Fox è un ragazzo del Canada che, sin da piccolo, si cimenta in diversi sport con successo: calcio, rugby, baseball e persino basket, dove sconfigge l’handicap di una statura “normale” passando da riserva a miglior giocatore della scuola.
All’Università inizia a studiare chinesiologia, perché vorrebbe diventare un insegnante di ginnastica.


Ma il destino ha per lui altri piani.
Nel 1976, a 18 anni soltanto, Terry tampona un’auto, distruggendo la sua macchina. Esce dalle lamiere quasi illeso, riportando solo una lieve ferita a un ginocchio.
L’anno dopo, nel 1977, manifesta però ancora dolori alla stessa gamba e si sottopone a una serie di accertamenti.
La diagnosi è terribile: gli viene scoperto un osteosarcoma, tumore maligno che tende a espandersi dalle ginocchia a muscoli e tendini con frequenti metastasi polmonari.
Gli dicono che ha il 50% di probabilità di salvarsi con la chemioterapia, percentuale che solo due anni prima sarebbe stata appena del 15%, se non ci fosse stata la ricerca che – giorno dopo giorno – aumenta la speranza di vita dei malati.
Ma questo non basta.
Terry, a soli 19 anni, deve subire l’amputazione della gamba destra per fermare il male e aumentare le possibilità di sopravvivenza. Gli viene impiantata una protesi e, intanto, è sottoposto a una chemioterapia lunghissima, 16 mesi, durante i quali vede diversi altri pazienti che si curano con lui soffrire e morire.
Terry lotta valorosamente contro la malattia e, ancora sotto chemioterapia, gioca a basket nella nazionale per atleti carrozzina, diventando 3 volte campione canadese.
Ma questo ragazzo continua a ritenersi fortunato e a pensare a chi non ce l’ha fatta. A chi, ancora, deve lottare contro la malattia e ha bisogno che la ricerca continui, migliori, trovi nuove strade.
Terry sente di dover fare qualcosa.
Prima di essere operato ha letto di un uomo che ha corso la maratona di New York con un arto artificiale e si è ripromesso di imitarlo.
Così, nel 1979, ci prova anche lui.
“Sono competitivo. Sono un sognatore, amo le sfide, non mollo. Quando deciso di farlo sapevo che lo avrei fatto in modo totale. Non c’erano vie di mezzo”.
Si allena per mesi, poi corre una prima maratona, nonostante la gamba artificiale gli renda molto dolorosa la corsa, almeno per i primi 20 minuti. Poi il dolore gli concede tregua.
Finisce ultimo, a dieci minuti dal penultimo classificato, ma viene accolto con commozione ed entusiasmo dal pubblico a fine gara e, a questo punto, svela il suo vero piano. Quella maratona, in realtà, è stata solo una prima prova.
“Voglio tentare l’impossibile, per mostrare che può essere fatto”.
Tre anni dopo l’amputazione, nel 1980, il ventiduenne Terry Fox lancia una clamorosa campagna di sensibilizzazione per raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro: la Maratona della Speranza. Partendo dalla costa atlantica per raggiungere quella pacifica, Terry intende attraversare tutto il Canada.
Vuole correre ogni giorno per 42 chilometri, la lunghezza di una maratona.
Terry ha un altro sogno impossibile: raccogliere un dollaro per ogni canadese, precisamente 22 milioni di dollari. E dimostrare che un uomo non è qualcosa di meno perché ha perso una gamba, ma può essere qualcosa di più. Dimostrare che non ci sono limiti, nemmeno per un amputato.
“Ognuno sembra aver mollato le speranze di provarci. Io no. Non è facile, e non è detto che ce la faccia, ma io devo concludere qualcosa. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. I malati nelle cliniche hanno bisogno di persone che credono nei miracoli. Non sono un sognatore e non dico che questa cosa darà inizio a una risposta definitiva o a una cura per il cancro. Ma io credo nei miracoli. Devo crederci”.
È il 12 Aprile 1980, quando – con solo un amico a sostenerlo alla guida di un furgone e un itinerario tracciato sulla cartina – Terry Fox parte da Saint John’s, sull’isola di Terranova, riempiendo due bottiglie con acqua dell’Oceano Atlantico. Una sarà il personale souvenir di Terry, l’altra la svuoterà nell’Oceano Pacifico.

Ma l’inizio è in salita.
Nonostante sia aprile Terry affronta il freddo e la neve. Raccoglie pochi fondi e suscita poco interesse, spesso incontra difficoltà logistiche e anche linguistiche, visto che non parla francese, la lingua più diffusa nella zona da cui si è mosso. Rischia persino di essere investito dalle macchine sul tragitto, tanto che pensa di dover abbandonare. Qualcuno lo accusa di cercare solo visibilità.
“Pensano che io lo faccia per un motivo egocentrico. Invece no. È una sfida personale, ma io sto cercando di raccogliere fondi per la causa. Mi serve il loro supporto economico. La mia fama personale non è l’idea della corsa, non lo è stata dall’inizio. L’idea è la Maratona della Speranza”.
Terry insiste.


Giorno dopo giorno, mentre corre 42 chilometri con il sole e la pioggia e il vento, costante come il suo passo cresce anche l’attenzione sull’impresa.
Il fondatore della catena Four Seasons e filantropo Isadore Sharp ha un ruolo decisivo in questa storia.
Isadore ha perso un figlio per cancro e viene così colpito dall’impresa folle di Terry che decide di aiutarlo. Sharp offre ospitalità gratuita nei suoi alberghi per tutto il tragitto, dona 10.000 dollari e invita altri 999 uomini d’affari a donare anche loro, dando il via al domino che porterà l’impresa di Fox ad aumentare esponenzialmente la visibilità in tutto il paese, insieme ai fondi raccolti.
Le strade si affollano, la gente lo aspetta, lo incita, corre al suo fianco, la polizia lo scorta per proteggerne la sicurezza.


Terry si ferma e devia dal tracciato per tenere ripetuti discorsi che spingano i canadesi a donare per la ricerca. Da un piccolo paese di 8.000 anime che dona 14.000 dollari, a un camioncino che vende banane e gli devolve un giorno di lavoro, a un mendicante che suona per strada e dona tutto quello che ha: la sua chitarra. Ogni persona sulla strada aiuta Fox come può.
L’11 Luglio Terry Fox, che in Aprile era partito correndo da solo su strade vuote entra a Toronto atteso da una folla di 100.000 persone.

Terry Fox corre ogni giorno, senza una pausa, nemmeno quando compie gli anni.
Corre per 143 incredibili giorni portando al limite il suo corpo. Soffre di infiammazioni alla tibia e al ginocchio e di una tendinite alla caviglia per cui assume antidolorifici, ha delle cisti alla gamba amputata, ha momenti di vertigine. Non svolge check-up up regolari e ignora gli avvertimenti che gli dicono che sta rischiando la sua futura salute.
Terry, che viene da una vita di sport, confida nella sua prodigiosa capacità di recupero, ma il 1 Settembre, a Thunder Bay, manifesta forti dolori al petto.
Si ferma, stremato, poi riprende a correre incitato dalla folla. Ma, infine, aspetta di essere solo per cedere.
Sale sul furgone e si fa portare in ospedale.
Il giorno dopo, piangendo, Terry Fox annuncia: “Il tumore è ricomparso ai polmoni e dobbiamo andare a casa”.
La Maratona della Speranza è finita dopo 5.373 chilometri.
“La gente sulla strada mi diceva vai avanti Terry, non mollare, ce la puoi fare, siamo con te. C’era una telecamera che mi filmava. Ma io avevo la sensazione che stesse filmando il mio ultimo miglio. Se c’è un solo modo per tornare a correrla, io la finirò”.
Quando smette di correre a Thunder Bay, Terry Fox ha raccolto 1 milione e 700 mila dollari.
La sua nazione, nel Settembre del 1980, gli conferisce il titolo di “Companion of the Order of Canada”, il più grande onore civile del paese. Terry è il più giovane della storia a riceverlo. Nel frattempo gli arriva posta da tutto il mondo, lettere con la semplice scritta “Terry Fox, Canada” e la posta arriva.
Terry non può più correre, ma la sua raccolta continua.
Grazie a eventi organizzati in TV e altre campagne a lui dedicate, nell’Aprile del 1981, il sogno di Terry Fox diventa realtà: un dollaro per ogni abitante del Canada è stato raccolto, superando i 23 milioni di dollari.
Nonostante molteplici chemioterapie, le condizioni di Terry continuano a peggiorare.
Il 28 Giugno 1981 Terry Fox cade in coma e muore per l’espandersi della sua malattia.
Il Canada intero piange la scomparsa di un eroe, le bandiere della nazione sventolano a mezz’asta, onore tributato ai capi di stato.
Il premier Trudeau, padre dell’attuale primo ministro canadese, saluta Terry Fox con queste parole.
“Accade molto di raro, nella vita di una nazione, che lo spirito coraggioso di una singola persona unisca tutto il popolo nella celebrazione della sua vita e nel lutto della sua morte. Non pensiamo a Terry come a qualcuno sconfitto dalla sfortuna, ma come qualcuno che ci ha ispirato con l’esempio del trionfo della spirito umano sulle avversità”.
Trudeau ha ragione: la storia di Terry non finisce con la sua morte.
Il Canada gli intitola vie, scuole, monumenti, tratte ferroviarie. Terry Fox dà il nome a una nave rompighiaccio, a una moneta, a una montagna.
A lui è intitolata la Terry Fox Run creata dallo stesso Isadore Sharp, gara non competitiva annuale per raccogliere fondi divenuta il più grande evento singolo di raccolta fondi nel mondo. Alla partenza della prima Terry Fox si presentarono 300.000 persone.
E, soprattutto, dalla battaglia di Terry nascono la Terry Fox Foundation che si occupa non solo di organizzare la corsa, ma di coordinare una lunga serie di attività di raccolta fondi per la ricerca e il Terry Fox Laboratory, al cui servizio vi sono oggi 14 scienziati e relativi staff attivi nella ricerca biologica.
Si calcola che, dall’inizio della Maratona della Speranza a oggi, nel nome di Terry siano stati raccolti 650 milioni di dollari per la lotta contro il cancro.
Come dirà Isadore Sharp, parlando di questo incredibile uomo: “Terry non ha perso la sua battaglia. Forse ha concluso quello che doveva fare. Terry è stato come una meteora che passa nel cielo, la cui luce viaggia al di là della nostra vista. Una luce che ancora brilla, nella notte più buia”.

La storia di Terry Fox e del suo coraggio è una delle 20 vicende di atleti e atleti che ho scelto di inserire nel mio nuovo libro “Abbiamo toccato le stelle“. Venti persone uniche, capace di andare oltre lo sport per compiere gesti di coraggio, umanità e lotta in grado di cambiare il mondo. Campioni come Peter Norman, l’uomo bianco nella foto insieme ai neri Tommie Smith e John Carlos, eroe dimenticato che pagò con la carriera il sostegno alle proteste del 1968, come Yusra Mardini, nuotatrice siriana costretta a fuggire dalla guerra e a nuotare nel mar Egeo per salvare sé stessa e più passeggeri del barcone su cui viaggiava e che stava affondando, come Gino Bartali, che usò la sua bici per portare a destinazione i documenti necessari a salvare centinaia di ebrei.
Un libro per ragazzi e adulti, un modo per raccontare la vita attraverso le gesta di campioni che l’ha vissuta sino in fondo.

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