Ieri sera, ai David di Donatello, il film “Animali Notturni”, dello stilista e ormai anche celebrato sceneggiatore e regista Tom Ford, ha vinto il premio per la miglior opera  straniera, riconoscimento che si somma a una lunga serie di altri premi e candidature (dagli Oscar ai Golden Globe) ricevuti dalla pellicola in questi mesi.
Casualmente io ho visto il film pochi giorni fa, su Sky, e – per quanto possa contare il mio parere di semplice spettatore – credo che meriti quei premi e, soprattutto, il vostro tempo.
“Animali notturni” racconta la storia di una gallerista d’arte (Amy Adams) che vive un momento di crisi esistenziale e matrimoniale con il secondo marito. Proprio nel mezzo di questo momento riceve, per posta, il manoscritto di un libro dedicato a lei.
Lo ha scritto Edward (Jake Gyllenhaal). il primo marito che Susan non vede dalla burrascosa separazione. Anni prima, infatti, Susan ha lasciato Edward con cui condivideva sogni e sensibilità artistica per un uomo più solido e ricco. Ma, lasciando Edward, ha forse perso per sempre la passione di una vita vissuta intensamente. Ora Susan è una fredda spettatrice di tutto, persino dei quadri che espone senza più alcun entusiasmo nella sua prestigiosa galleria.
Il libro di Edward si intitola, appunto, “Animali Notturni” e racconta la vicenda di una famiglia che, su una strada del Texas, ha un banale scazzo con un’altra auto, sopra cui stanno tre ragazzi ubriachi e violenti. Uno scazzo che avrà conseguenze catastrofiche per tutti
“Animali notturni” mette quindi in scena due storie, che corrono parallele e distanti, nel mondo reale di Susan e in quello della creazione artistica di Edward.
La “storia nella storia” è un meccanismo che può funzionare bene o incasinarsi rapidamente. In “Animali notturni” genera un incastro perfetto fra i due piani narrativi: da un lato lo strato di ghiaccio pronto a spezzarsi che avvolge la vita di Susan, macerata dai dubbi circa le scelte del suo passato, angosciata da rimpianti che la tengono sveglia ogni notte, a leggere il manoscritto dell’uomo che ha lasciato. Dall’altro la vicenda narrata dal libro di Edward, sporca, brutale e carica di tensione sia fisica che narrativa. Una storia cruda (e crudele) che contrasta con il ricordo che Susan ha del marito. Anche i colori delle scene marcano la distanza, contrapponendo le luci asettiche in cui si muove sempre Susan a quelle accese del Texas.
La prima parte del film non lesina colpi di scena, con alcuni momenti di tensione davvero magistrali. Ma anche il finale non vi lascerà delusi.
Jake Gyllenhaal è sempre più bravo (e bello) interpretando sia il ruolo di Edward che del padre di famiglia del libro che, una notte, su una strada deserta, incontra gli uomini sbagliati e il suo Destino.
Amy Adams è insieme algida e fragile. I coprotagonisti, lo sceriffo interpretato da Michael Shannon (candidato all’Oscar per questo ruolo) e il capo dei teppisti di Aaron Taylor Johnson (con la parte che gli ha fatto vincere il Golden Globe come migliore attore non protagonista), risultano assolutamente credibili e, in maniera opposta, inquietanti.

Le immagini, soprattutto quelle della narrazione che si svolge nel piano della realtà, hanno una rara efficacia estetica che sembra tratto distintivo di Ford, visto il precedente “A single man”, ma qui trovano un’adeguata compensazione nella parte più puramente thriller della “fiction” narrata nel libro di Edward. Immagini che si stampano in mente, come quella dell’auto che, in una scena, sovrasta Edward alla stregua di una macchina diabolica da film horror o il grande quadro che Susan espone in galleria con la scritta “Revenge”, vendetta. Perché questa è una storia di perdite, dalla perdita dei sogni a quella dell’amore. Ma – ancora di più – è una storia di brutali vendette, fisiche e morali. E il tema eterno della vendetta, quando è gestito bene e su più livelli come in questo caso, rimane ancora tremendamente efficace.
Me ne devo ricordare, quando scrivo.
Voi ricordatevi di cercare “Animali Notturni”.

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