Opera vincitrice del Premio Calvino, è lo spaccato di un mondo che difficilmente si comprende se non vi si è immersi, quello di «celerini» e tifosi.

 

Qui è Genova: il VI Reparto Mobile della Polizia di Stato. Ma potrebbe essere anche Firenze, col suo VII Reparto Mobile al termine della salita di Poggio Imperiale, o Roma o Padova. La differenza sta solo nella cartografia della città, nei vicoli intorno allo stadio. Il resto potrebbe benissimo essere spostato in tutta Italia. Sono le stesse divise, le stesse qualifiche e, per un assurdo gioco del destino, le stesse problematiche umane. «A viso coperto» di Riccardo Gazzaniga è un romanzo italiano, e non solo per la lingua con cui è scritto.

Quest’opera vincitrice del Premio Calvino (oggi pubblicata da Einaudi) è lo spaccato di un mondo che difficilmente si comprende se non vi si è immersi. Nelle pagine dell’autore un coro di voci danno vita a poche giornate nella città ligure. A contendersi il palcoscenico letterario alcuni poliziotti del Reparto – i cosiddetti «celerini» – e un manipolo di tifosi del Genova. Fra questi esiste una rivalità primitiva, fuori da ogni regola del gioco. C’è la mentalità degli ultrà e i servizi d’ordine del Reparto. Ci sono gli scontri, le cariche, l’adrenalina e la paura: estraneo a questi semplici elementi è il pensiero di una partita di calcio, il tifo e la passione per uno sport.

Nella storia di Gazzaniga un gruppo di tifosi vuole ritrovare l’ardore dello scontro con le tifoserie: si chiameranno «Facce coperte» e rivendicheranno la loro autonomia rispetto la curva. Dall’altra parte ci sono «gli sbirri», quelli con i caschi blu e i manganelli, uomini uguali agli altri ma con indosso una divisa e che per scelta hanno deciso di essere parte dello Stato. Ale, Lupo, Ferro, Enrico, Nicola, Marione: difficile distinguere solo dal nome chi è tifoso e chi poliziotto. Se non ci fossero le divise sarebbe difficile distinguere anche la loro umanità: tutti con i propri problemi familiari, con le proprie angosce e i miraggi di gioia. Il libro è un crescendo di tensione: dallo scontro di una sera all’epocale aggressione delle Forse dell’Ordine durante una partita a porte chiuse. La violenza contro ogni forma di ragionamento, di regola, di compromesso. In un quadro confuso, come può essere una rissa, non esistono vincitori ma solo perdenti. E se si vuole trovare la miccia che ha fatto scoppiare l’ordigno sarà difficile: non esiste un vero motivo ma solo una rabbia repressa che nell’uno e nell’altro caso viene a sedimentarsi nell’animo e fuoriesce con vigore e senza controllo. Esistono solo le azioni e da queste qualcuno ne uscirà cambiato, duramente.

Quotidianamente ci vengono proposte immagini di scontri tra manifestanti e Polizia. Giustizia, legge, umanità e diritti si mescolano a violenza e fumogeni. È sempre impossibile capire le vere motivazioni di simili e condannabili cronache. Leggere Gazzaniga non chiarirà nulla di ciò che vediamo ma può regalarci almeno la sensazione di toccare l’anima dei suoi protagonisti.

 

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