A viso coperto”, gli anti-eroi di Gazzaniga cercano nel “branco” libertà e dignità

 

di Antonio Prudenzano

Prima di pubblicare “A viso  coperto”, riuscito romanzone d’esordio in libreria per Einaudi Stile Libero dopo aver vinto il premio Calvino 2012 (il più importante riconoscimento per chi aspira al debutto letterario), Riccardo Gazzaniga ha scritto numerosi racconti e ha partecipato a vari piccoli premi. A un certo punto lo scrittore ha deciso che era arrivato il momento di confrontarsi con la dimensione del romanzo, e ha deciso di raccontare in un libro la sua esperienza quotidiana: Gazzaniga, che ha 37 anni e che vive a Genova, è infatti Sovrintendente della Polizia di Stato, e lavora nella caserma di Bolzaneto.

“A viso  coperto” dà voce al punto di vista degli ultrà e a quello dei celerini. L’autore guarda molto da vicino a questi due mondi, solo apparentemente distanti, e dà vita a un romanzo ricco di personaggi con storie difficile alle spalle e fatto di scontri, spesso molto violenti, che l’autore ha conosciuto da vicino (più volte, come ha raccontato anche a Le Invasioni Barbariche, Gazzaniga si è ritrovato a dover gestire situazioni difficili). Ma “A viso  coperto” è anche un meta-romanzo su un poliziotto che sta lavorando proprio a un libro sul complesso mondo degli ultras.

Composto da 162 brevi capitoli, l’esordio di Riccardo Gazzaniga  è scritto da un narratore già maturo, abile nel tenere il ritmo, nell’alternare i punti di vista e nell’offrire dialoghi credibili.

Gazzaniga evita di dare giudizi e anzi non nasconde i lati oscuri dei “buoni” (sullo sfondo c’è anche l’ombra del G8 di Genova, spartiacque per la storia della città e della stessa polizia italiana).

Il suo è un libro vivo, in cui si entra nell’anima di un gruppo personaggi alla deriva, anti-eroi che nella violenza, nel cameratismo, nello spirito di gruppo, nella voce del “branco”, cercano quella libertà (e quella dignità) che la vita ha negato loro.

 

 

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