Vedo ascendere nel gotha putiniano Ramzan Khadyrov, leader della Cecenia che piange ascoltando le parole di Putin, propone di degradare e mandare al fronte i generali che non riescono a vincere e sollecita l’uso dell’atomica in Ucraina.
Mi è capitato di approfondire questo personaggio due anni fa, raccontando la storia di Anna Politkovskaja per “Come fiori che rompono l’asfalto” e forse può essere utile a chi non lo conosce leggere un breve quadro della figura.
Messo al comando del paese grazie a Putin al termine della guerra russo-cecena per imporre un leader filo-russo alla provincia ribelle, Khadyrov ha tenuto per anni il potere sotto egida russa per poi vincere le prime “democratiche” elezioni cecene del 2016 con la risicata maggioranza del 97% dei voti.
Quando la giornalista Anna Politkovskaja lo intervistò, durante il conflitto, i due vennero quasi alle mani. Lei non esitò a definirlo un pazzo e Khadyrov la minacciò di morte.
La giornalista sarebbe stata successivamente uccisa nel palazzo dove viveva a Mosca da sicari ceceni, sebbene il legame diretto con Khadyrov non sia mai stato provato da un processo che, come sovente accade in russa, non ha fatto giustizia sui reali mandanti.
Politkovskaja stava preparando un reportage sulle violenze delle forze speciali, i Khadyroviti, niente meno, ritenuti responsabili di rapimenti, torture, esecuzioni sommarie.
Della sua morte ha commentato “era una donna e doveva stare in cucina”.
Nel 2015 Boris Nemcov, leader dell’opposizione russa a Putin che stava organizzando una grande marcia di protesta contro Putin fu ucciso con 4 proiettili da 5 sicari ceceni, uno dei quali era appunto membro dei Khadyroviti.
Anche qui il mandante rimane oscuro.
Diverse persone sarebbero rimaste uccise nelle epurazioni di Khadyrov, da giornalisti ad attivisti per i diritti civili a politici a suoi ex collaboratori che avanzavano ombre su di lui.
Gravi persecuzioni sono segnalate a danni degli omosessuali con un uccisioni in carceri simili a campi di concentramento. Il portavoce di Khadyrov ha negato l’esistenza stessa degli omosessuali sostenendo che se ci fossero, in Cecenia, sarebbero le stesse famiglie a mandarli “in quel luogo da cui non si torna indietro”.
Negazionista del covid, per il virus all’inizio non prese misure di contenimento, poi parlò di cure naturali poi cambiò idea e disse che chi violava gli isolamenti avrebbe dovuto essere ucciso.
Ammalatosi, sarebbe stato curato in Russia.
È presidente di una squadra di calcio cui ha donato un nuovo stadio per festeggiare il quale, nella miglior tradizione dei despoti, è sceso in campo lui stesso contro una selezione di grandi ex campioni mondiali dispensando assist e trionfando.
Khadyrov ha costruito una gigantesca moschea intitolata al padre, introdotto la poligamia e lo studio obbligatorio del Corano e della shari’a nelle scuole, tollerando il delitto d’onore e graziandone i responsabili in quanto la colpa sarebbe delle vittima.
Insomma è un dittatore che sembra uscito dai film degli anni 80, per estetica, posizioni, dichiarazioni, modus politico. È un balzo indietro di 40 anni nella storia come un balzo indietro sono le bombe, i combattimenti per strada, i morti civili.
Speriamo che la storia non torni ancora più indietro, sino alle bombe atomiche per risolvere un conflitto.
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Ho studiato parte di questa storia mentre scrivevo il libro “Come fiori che rompono l’asflato – Venti storie di coraggio” edito da Rizzoli nel 2020.
Una delle venti storie è quella di Anna Politkovskaja.

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