Carrère - Yoga

Yoga è un libro particolare e diverso dagli altri anche per uno scrittore particolare e diverso dagli altri come Emmanuel Carrère.
La vicenda, autobiografica, nasce dall’idea/proposta che Carrère riceve di scrivere un piccolo libro in cui parlare dello yoga. Da anni, infatti, Carrère pratica yoga, meditazione e tai chi, discipline che combina nel tentativo di placare le vritti, termine induista per definire le onde di pensieri che la nostra mente genera in modo incessante e “automatico”, attivando un vortice di inconsapevolezza e sofferenza.
Questo progetto di un libretto agile sullo yoga cui l’autore inizia a lavorare partendo da un ritiro di meditazione di alcuni giorni naufraga, però, di fronte all’irrompere delle vritti della vita. Una tragedia nazionale, lutti personali e soprattutto la fine dell’amore su cui l’autore aveva investito la speranza di una vita pacifica (amore di cui gli è concesso scrivere solo in parte, nel libro, a seguito delle vicende giudiziarie che ne hanno segnato la tempestosa fine e che gli hanno imposto di non menzionare la moglie), lo fanno piombare nel baratro di uno stato depressivo grave che ne mette a rischio la vita.
“Yoga” quindi finisce per partire dalla disciplina per raccontare la lotta dolorosa contro il vuoto, il male di vivere, l’incapacità di trovare un senso alla propria esistenza, al mondo che ci circonda, persino alla propria arte e approdare al faticoso tentativo di partire proprio da quell’arte per riemergere. Ma in questo senso l’arte diventa condivisa, donata ad altri. E cercare di lenire le fatiche e il dolore di altri diventa una cura per sé.
Carrère è un artista che entra spesso nella sue opere con un ego che può persino risultare ingombrante per alcuni lettori, ma è questa la sua concezione di scrittura come di qualcosa che afferisce sempre anche alla vita dello scrittore.
“Yoga” però sembra l’evoluzione di un percorso in cui lo sguardo muta libro dopo libro.
Se in “Limonov” e “L’avversario” Carrère aveva raccontato protagonisti con cui aveva creato un personale legame e in “Vite che non sono la mia” era andato ancora più vicino a sé stesso raccontando due lutti che avevano colpito trasversalmente la sua famiglia in “Yoga” il protagonista è in toto Carrère stesso, che utilizza la propria vicenda personale esposta senza sconti per riflettere sull’esistenza, la perdita intesa come morte o separazione, la malattia mentale, la rapidità con cui tutto quanto può crollare e quasi seppellirci, la difficile battaglia per ricostruire senza la certezza di non poter incorrere, ancora, in un nuovo terremoto.
È un libro di grande qualità tecnica, come tutti gli altri di Carrère, scrittore superiore nel panorama europeo e mondiale.
Per chi ha qualche dimestichezza con l’autore francese non stupisce quanto di sé condivida nella scrittura e il libro che ne esce è spaccato esso stesso in due come il suo autore. Da una parte c’è il tema di partenza e per un lettore che abbia minime nozioni e interesse per le pratiche di yoga o meditazione le riflessioni sul lavoro interiore e sul suo senso sono profonde e non scontate.
Dall’altra ci sono il dolore, il tema ricorrente della morte e del lutto, il (tentativo di) superamento della depressione e della pulsione a non vivere.
La tecnica, l’analiticità con cui Carrère disseziona sé stesso ricorda, appunto, quella del meditante che osservi le proprie emozioni. In questo caso lo scrittore osserva e racconta, non senza momenti di ironia, l’abisso del dolore e della patologia psichiatrica quando va a colpire un uomo colto, che ha lavorato a lungo su sé stesso, uno scrittore celebrato, una persona consapevole affascinante, amato, se non felice quanto meno con in mano tutte le carte in regola per la felicità.
Ci ricorda, “Yoga”, quanto il dolore non faccia distinzioni e quanto la lotta possa essere impari anche per chi sembra pronto ad affrontarla.
Al tempo stesso è un libro che lascia intravedere la speranza di imparare da quel dolore, di viverlo come un ulteriore esperienza, un’ulteriore crescita, consapevoli che non può essere vinto ma, in qualche modo, diverso per ciascuno, reso parte di noi.

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