Questa recensione mi è arrivata via mail, da un ragazzo che frequenta gli stadi da oltre 20 anni.  Lui vuole restare anonimo, ma il pezzo merita di essere letto da tutti.

 

Azioni veloci, capitoli brevi e intriganti, riflessioni dei personaggi che fanno riflettere, luci e ombre ben distribuite su “sbirri” e “ultrà”: trovo che questo libro non solo sia riuscito, ma sia anche un libro onesto. 

Non ci sono buoni, né cattivi: ci sono uomini e personaggi eterogenei, che interagiscono in un contesto difficile, quale lo stadio.

Troppo spesso si sente parlare a sproposito di un ambiente che in pochi conoscono.
Un libro che non sia credibile nell’ambientazione o nei contenuti non è, a mio avviso, un buon libro.

Qui chi scrive sa di cosa parla, direttamente, quando parla da poliziotto, ma sa anche quanto vale uno striscione per un gruppo organizzato o che sta nascendo.
Il libro mi è piaciuto, l’ho divorato, parla della mia Genova, parla di un argomento che mi interessa, parla e fa parlare. 

Credo che nessuna delle due parti in casa debba sentirsi offesa: qui si parla di uomini, ognuno con le proprie storie e le proprie responsabilità individuali. Si parla di due gruppi opposti, ma che non possono se onesti intellettualmente, negare evidenze per uscirne puliti. Un poliziotto che nega un lacrimogeno ad altezza uomo o una manganellata in più o più violenta sarebbe credibile come un ultrà che nega l’uso della violenza in certi contesti per affermarsi o per rivendicare la sua esistenza.
Fondamentalmente quando ripenso a “A viso coperto” rivedo uomini, così diversi e così simili sotto certi aspetti, che non solo si affrontano, ma in qualche modo si confrontano in un mondo che li sta a guardare e li giudica senza sapere in realtà per cosa stanno lottando.

Lupo e Ferro, alla fine, sono solo i cattivi delle due squadre opposte o sono solo quelli che si fanno meno domande? 

Ambientarlo a Genova, all’interno di una tifoseria esistente, con riferimenti a situazioni e scontri romanzati per agevolare la trama può essere una scelta rischiosa ma che in realtà reputo necessaria per dare la necessaria credibilità al tutto.
Dal punto di vista narrativo il romanzo cresce con lo scorrere delle pagine e anche personaggi minori o che potevano inizialmente sembrare stereotipati acquistano spessore e rivendicano il loro indispensabile apporto al libro, con una fuga, un’azione inaspettata, un commento che scurisce un personaggio immacolato fino a quel momento.

“A viso coperto “ è già un film sceneggiato ma è anche e soprattutto un libro, un bel libro che racconta una storia, racconta altre storie nella storia, entra con rispetto e qualche volta a gamba tesa su un mondo che esiste e non è quello che ci raccontano al tg, quando la polizia dei buoni ci protegge dai cattivi ultrà e non è quello della ribellione giusta e dovuta contro “gli sbirri tutti bastardi”.

Perché poi alla fine il bianco immacolato e il nero pece non esistono, esistono quelle zone grigie come i gradoni di uno stadio e l’asfalto e i pomeriggi di un inverno rigido, bardato con sciarpa od elmetto a difendere quel poco o tanto che crediamo sia nostro e che dobbiamo proteggere a tutti i costi.

 

 

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