Nel 1975 Sylvester Gardenzio Stallone vive a Hollywood in un appartamento di un vano e mezzo, con appeso al soffitto un sacco da boxe. Sua moglie Sasha è incinta e il loro grosso mastino è spesso affamato: Sylvester non riesce a comprargli da mangiare, visto che l’appartamento gli costa 265 dollari di affitto e lui in banca di dollari ne ha solo 106.
Stallone ha una storia complicata di vita alle spalle, genitori incasinati e madre alcolista.
Nell’adolescenza a Filadelfia Sylvester ha manifestato una preoccupante tendenza a combinare guai che gli ha fatto cambiare una dozzina di scuole.
Sul viso porta i segni di una lesione causata dal forcipe durante il parto e per anni ha sofferto di rachitismo, superato con lo sport: dopo essere stato un ottimo fullback e un lanciatore del disco all’Università, si è diplomato a una scuola di arte drammatica.
Eppure nel 1975, nonostante si sia trasferito a Hollywood, pompi il suo fisico strepitoso con palestra e lo aiuti con 113 pastiglie di vitamine al giorno (!), la sua carriera di attore non decolla.
Recita in pellicole non memorabili come una specie di porno soft che in italiana diventerà “Italian Stallion – Porno proibito” e in film importanti come “Il dittatore dello Stato Libero di bananas” dove però ha una parte di pochi secondi.
Fa anche un’audizione per una parte ne “Il padrino”, ma viene scartato.
Sylvester continua a faticare per dare da mangiare alla sua famiglia e al povero mastino.
Però Stallone ha un’idea in testa, che ronza.
Ha visto un combattimento tra il più grande di tutti, Mohammad Ali e Chuck Wepner, un altro pugile grande, ma solo fisicamente. E’ un uomo massiccio soprannominato “il rissoso di Bayonne” ma – soprattutto – “il sanguinatore di Bayonne” per l’enorme capacità di incassare anche a prezzo di enormi perdite di sangue.
Wepner chiuderà la carriera con un totale di 329 punti di sutura, sfiorando il record assoluto di 359 detenuto da un altro campione dell’incasso.
Wepner, però, nel 1975 sale sul ring contro Alì e riesce nell’impresa di resistere per 15 round, fino al k.o., solo tecnico e all’ultima ripresa.
Alì, a un certo punto, inciampa e cade e s’infuria così tanto da picchiare Wepner selvaggiamente, senza riuscire a mandarlo giù.
Stallone, che ha un passato anche da boxeur a livello amatoriale, assiste a quell’incontro e ne rimane impressionato, ci rumina sopra per mesi e poi si barrica in casa e scrive in 3 giorni e mezzo parte dello script del film.
Il testo piace e la MGM vuole comprarlo per affidare il ruolo a un altro attore: Burt Reynolds o James Caan sono due dei candidati.
Stallone, seppure in miseria, non molla: vuole essere lui, Rocky.
Gli offrono fino a 265.000 dollari per vendere e basta, rinunciando alla parte di protagonista.
Ma ancora, con il sostengo della moglie, lui dice no.
“Piuttosto mi faccio seppellire e faccio recitare Rocky Balboa ai vermi” dice a sua moglie Sasha.
Alla fine Stallone prende una somma di molto minore, ma ottiene il ruolo di Rocky Balboa e una percentuale sugli incassi del 10%.
La parte di Adriana viene affidata a Talia Shire, dopo che Susan Sarandon è stata scartata perché troppo bella per il personaggio.
Carl Weathers, scelto per il fisico e l’atteggiamento, diventa uno strepitoso Apollo Creed dopo che un altro attore ha rifiutato il ruolo per partecipare a una trasmissione televisiva.


Le riprese di Rocky durano ventotto giorni, alcune scene sono filmate in presa diretta, come quelle delle corsa a Filadelfia. In altre si utilizza per la prima volta una steady cam, che offre risultati miracolosi compensando i pochi soldi a disposizione.
Il momento in cui Rocky viene bersagliato dal lancio di un’arancia è reale e l’arancia arriva dritta dal mercato di Filadelfia.

Allo stesso modo quando nel film Rocky vede la sua immagine coi pantaloncini sbagliati, assistiamo a un’improvvisazione di Stallone, dopo aver scoperto che la produzione gli aveva sbagliato la locandina del combattimento.
E Birillo, il cane del film, non è altro che il vero mastino dell’attore, che finalmente mangia con regolarità.
Nell’idea di Stallone, in Rocky 2, Balboa doveva diventare sindaco di Filadelfia e poi uscire dalla politica schifato dalle sue trame per tornare sul ring nel definitivo Rocky 3.
Non immaginava che avrebbe girato altri sei film recitando la parte del suo pugile, dando vita a una delle saghe più prolifiche, lunghe e viste della storia del cinema.
Girato con un budget di 1 solo milione di dollari, Rocky ne incassa 225, oltre a vincere tre oscar: miglior regia, miglior film, miglior montaggio.
Stallone stesso è candidato all’Oscar come miglior attore e inizia un’ascesa inarrestabile che lo porta a diventare uno degli attori più noti e pagati d’America.
“In effetti ci sono alcuni paralleli tra me e lui – diceva nel 1976, quando il film iniziava a dimostrare il suo valore – Rocky aveva le qualità, l’intelligenza e il talento per diventare un lottatore, ma nessuno lo notava. E poi, quando l’opportunità è arrivata, ecco tutti a dire: “Hey, quello è Rocky, è bravo!”. Questa è la stessa cosa che è successa a me. Se non verrà fuori altro da questo film quanto a premi e riconoscimenti, comunque continuerà a raccontare la sua storia. Ovvero che anche un signor nessuno, una persona del tutto trascurabile, può produrre un diamante tra i rovi. Una gemma”.

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