Lo sbirro che parla agli ultras

di Michele De Mieri

 

Da un lato chi cerca il significato della vita dentro la violenza, a volte in prossimità della morte, col viso coperto da una sciarpa che dovrebbe rimandare a un’appartenenza, una fede; dall’altro chi si cala sul viso le protezioni di plexiglass e serra i ranghi dietro gli scudi, stringendo già i manganelli fra le mani.

Odiarsi sempre e comunque. L’adrenalina di una guerra che dagli anni Settanta vede contrapporsi tifosi e poliziotti, meglio detto: ultras e celerini. Una guerriglia urbana che riporta dentro le città dell’Europa pacificata lo spettro di guerre fra clan, che trasforma vie e  piazze in avamposti della pulizia razziale che vediamo al lavoro altrove.

Di questo parla “A viso coperto”, un romanzo scritto “dall’interno” perché Riccardo Gazzaniga, 36 anni, è un sovrintendente della Polizia di Stato, un celerino della tristemente nota caserma di Bolzaneto, Genova. II romanzo, vincitore della XXV edizione del Premio Calvino, ha rotto anche una certa letterarietà che ha dominato spesso il concorso e ha consegnato una storia che è cronaca di un fenomeno spesso marginalizzato, poco indagato, soprattutto  con le specifiche armi della letteratura.

Undici giorni di gennaio in una piovosa e cupa Genova, gravata dalle conseguenze della crisi del porto e dai fantasmi dei giomi del

G8,un contesto dove si muovono su due opposti fronti le storie di una quindicina di personaggi.

Il primo fronte è  quello di un neonato gruppo di ultras del Genoa che annovera trentenni dalla doppia vita: impiegati quasi modello poi tifosi violenti, opposte ideologie di riferimento azzerate in virtù della violenza contro i «poliziotti bastardi», un gruppo che conquista un’improvvisa rilevanza e cosi s’ingrossa di giovanissimi e di qualche delinquente vero.

L’altro fronte è quello del reparto mobile di polizia, i celerini, chi dovrebbe dosare la violenza che la legge gli concede per limitare al minimo quella degli ultras e qualche volta invece ne fa un uso gratuito.

Sono due mondi per certi versi speculari e Gazzaniga non nasconde niente: dal culto dionisiaco dello scontro – il posto migliore dove stare, confessano a turno ultras e celerini – al vincolo d’omertà, al machismo da caserma e da curva.

A viso coperto  è un riuscito romanzo corale, una sequenza di capitoli brevi che continuamente sposta il punto di vista fra le due barricate, una visione d’insieme capace di mostrarci te frustrazioni di ognuno dei membri delle due fazioni, quella vita quotidiana carica di problemi che solo negli scontri sembra sparire, farsi meno pesante. Un romanzo dove non si parla mal di calcio giocato, ne viene mal nominato un solo calciatore, perché se il tifoso vero guarda il campo, l’ultrà, e di conseguenza il celerino, guardano solo la curva.

 

Sole24Ore

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