Questi ragazzi poco più che ventenni nella foto sono Sophie Scholl, suo fratello Hans Scholl – a sinistra con il berretto – e il loro amico Christoph Probst.
Da ragazzino Hans Scholl, come la sorella minore Sophie, era stato membro della Gioventù Hitleriana, dove aveva iniziato a rendersi conto della natura aberrante delle idee naziste, uscendone per entrare nell’illegale “Movimento Giovanile Tedesco” e finendo già arrestato per le sue posizioni ostili al regime.
Durante la seconda guerra mondiale Hans e l’amico Christoph vengono impegnati come “ausiliari” tra le truppe del Wermacht sul fronte russo e lì, con i loro occhi, si rendono conto delle tremende brutalità commesse ai danni degli ebrei e dei polacchi, oltre che dell’inevitabile e drammatico destino di morte e sconfitta che si staglia all’orizzonte per un Reich fondato su odio e distruzione.
Rientrato in Germania, Hans si iscrive alla facoltà di medicina, eppure non trova nessuna pace al pensiero di studiare e restare passivo, mentre la tragedia del regime nazista che sconvolge il suo paese.

“Non è assurdo continuare a studiare, aspettando che un giorno la guerra finisca e che tutti i popoli ci additino dicendo che abbiamo sopportato un simile governo senza opporre resistenza?”.
Il ragazzo decide quindi di agire e fonda, insieme a Christoph Probst e ad altri studenti di medicina, un movimento antinazista di ispirazione cattolica.
Al movimento aderisce anche Sophie, sua sorella, la più giovane del gruppo con i suoi appena 21 anni.

Sophie ha fatto la maestra, studia filosofia e medicina, ama la pittura, i libri, l’arte. Studiando, confrontandosi con artisti e intellettuali, ascoltando i racconti del fratello e di Christoph, ha maturato la certezza che il Reich è un regime mostruoso e che è necessario oltre che inevitabile provare a fermarlo in prima persona. Ha già avuto il coraggio di scrivere “Libertà” sui cancelli dell’ateneo, ma adesso bisogna fare di più e decide di farlo a fianco di suo fratello.
Come simbolo il gruppo di giovani sceglie la Rosa Bianca, emblema di pace e purezza contro la brutalità del male.
I ragazzi della Rosa Bianca divulgano volantini contro il regime che riescono a stampare con una sola macchina per ciclostilare che sono riusciti a rimediare: li spediscono a intellettuali e professori, li lasciano in locali pubblici, li lanciano dai tram di notte.
“Ogni parola di Hitler è una bugia” scrivono, chiamando i tedeschi a resistere senza violenza, a disobbedire e non sostenere il Reich. Vogliono risvegliare la coscienza e il dissenso di quei tedeschi che non possono riconoscersi negli orrori del nazismo.
“Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie…”.

Al movimento aderisce anche Christoph che aveva esitato, essendo già sposato e padre di un figlio.
Dopo la metà del 1942 l’azione della Rosa Bianca diventa più determinata e pericolosa fino a quando, nel 1943, i volantini portano la firma più esplicita di “Movimento di resistenza in Germania” e i ragazzi arrivano a scrivere slogan contro Hitler sui cancelli universitari.
La sesta serie di opuscoli viene distribuita all’Università di Monaco la mattina del 18 febbraio 1943 di fronte a un sacco di testimoni. Sophie sale persino in cima alle scale dell’atrio dell’ateneo per lanciare dall’alto sugli studenti quei volantini che non era riuscita a consegnare a mano.
La ragazza viene riconosciuta da un bidello nazista che fa chiudere tutte le porte e poi chiama la Gestapo. Sophie Scholl è consegnata alla polizia insieme al fratello Hans.
Christoph viene arrestato solo pochi giorni dopo a Innsbruck, mentre cerca di andare a salutare la moglie malata e la seconda figlia, appena nata.
Considerata a torto la più debole del gruppo di cui invece è l’anima, Sophie viene torturata per 4 giorni affinché faccia i nomi degli altri compagni del gruppo.
Durante l’interrogatorio spiega come non si possa restare inerti di fronte alle mostruosità, in particolare all’eliminazione fisica degli ebrei o dei bambini mentalmente ritardati prelevati in ospedale dalle camionette delle SS con la promessa di essere portati in paradiso.

“E io non dovrei provare pena per questa gente?
L’accusatore le risponde: “Si tratta di esseri inferiori. Voi che avete studiato da infermiera avrete visto più volte dei bambini ritardati”.
“In nessuna circostanza ci si può arrogare il diritto di decidere della vita e della morte di un essere umano”.
“Forse e meglio che vi abituate all’idea che una nuova era è cominciata”.

Le spaccano una gamba, le promettono una riduzione di pena se sceglie di ritrattare e condannare le posizioni di Hans.
“Non tradirò mio fratello e i miei principi. Non farò alcun accordo coi nazisti”.
“Signorina Scholl, non è pentita di ciò che ha fatto?” le chiede il suo inquisitore.
“No, al contrario! Io ho fatto ciò che ritenevo giusto per il mio paese e non rinnego la mia condotta e ne sopporterò le conseguenze”.
“Allora è finita, Signorina Scholl”.
Dopo 4 giorni di vane torture e minacce persino gli aguzzini si arrendono: i fratelli Scholl non hanno fatto alcun nome e non hanno ritrattato nulla. Così vengono consegnati al Tribunale del Popolo per un brevissimo processo farsa che, in sole cinque ore, si chiude con questa sentenza:
“Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte”.
La condanna deve essere eseguita il giorno stesso, mediante ghigliottina. Sì, è pazzesco ma è così: solo 80 anni fa nel cuore dell’Europa dei ragazzi potevano essere decapitati per aver distribuito dei volantini.
La dignità dei condannati impressiona le guardie del carcere che concedono loro di incontrare i genitori e poi fumare insieme un’ultima sigaretta, prima di eseguire la sentenza, “privilegi” mai ripetuti in seguito per nessun altro condannato.
Gli assassini racconteranno di non aver mai visto tanto coraggio in persone mandate al patibolo. In particolare Sophie va a morte senza battere ciglio o spargere una lacrima con una compostezza che turba persino il suo boia.
“Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?”.
Christoph Probst, dopo aver scritto una lettera di commiato ai suoi cari, amaramente, dice: “Non immaginavo fosse così facile, morire”.
Hans viene ucciso per ultimo. I testimoni racconteranno che, prima che la ghigliottina lo decapiti, il suo urlo riecheggia in tutto il palazzo.
Hans grida: “Viva la libertà”.
I fratelli Scholl e Christoph Probst riposano gli uni accanto all’altro, nel cimitero di Monaco.

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Questa storia, qui in forma ridotta, è inclusa in “Come fiori che rompono l’asfalto – Venti storie di coraggio” edito da Rizzoli e uscito nel Settembre 2020.
Si trova in tutte le librerie fisiche e negli store digitali.


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