La Serie A inizia regolarmente, nel giorno del lutto nazionale proclamato per la tragedia di Ponte Morandi che ha colpito la nostra città.
Giorno in cui vengono celebrati i funerali di Stato per alcune delle vittime, mentre altre famiglie hanno scelto la via delle esequie in forma privata.
Escluse le partite di Genoa e Sampdoria, rinviate a data da destinarsi, tutti gli altri incontri si giocheranno regolarmente, qualcuno persino oggi, proprio nella giornata di lutto e funerali.
Certo, quelle gare si disputano lontano da Genova, dove non ci sono vittime, impiego di soccorsi, problemi di viabilità, dove l’eco della disgrazia arriva solo dai media che, per molti versi, possono raccontare del crollo e delle povere vittime che lì sono rimaste, ma non rendere chiaramente l’idea di cosa significhi la scomparsa di quel ponte per una città intera, la sua storia, la sua economia, il suo futuro.
Uno stop completo di tutto il calcio, forse, sarebbe servito proprio a questo: a rendere l’idea.
Sono scelte, sono opportunità che si possono cogliere o meno, per riportare l’umanità anche quando imperano valutazioni organizzative, di spettacolo, economiche.
Il calcio ha scelto di non fermarsi.
E pensare che il calcio italiano è nato proprio lì.
Sì, sembra strano, ma il football italiano ha dato i primi calci ai primi palloni di cuoio, lì dove oggi c’è quanto rimane di Ponte Morandi e dove sono le case sfollate in via Fillak e via Porro.
Non lo sa quasi nessuno, perché quella “Piazza d’Armi del Campasso” non esiste più, anche lei sotterrata da strade e palazzi.
Ma lì, in buona parte in corrispondenza di quella che oggi è quella via Fillak sgomberata, si cimentarono per le prime volte i giocatori della prima squadra italiana, il Genoa, nel lontano 1893 e fino al 1897.


La zona era stata per lunghi anni territorio di addestramento e stanza di militari, poi – nel 1865 – gli scozzesi Wilson e Mclaren costruirono una fonderia e intorno crebbero le prime case di operai.
Nel 1873 le ferrovie iniziarono ad acquistare lotti di terreno, dove sarebbero stati costruiti binari e, anni dopo, sarebbero sorte quelle case che ora vengono evacuate e che voi vedete in Tv, “le case dei ferrovieri”.
Nel 1892, sulla Piazza d’Armi, si costruì un ippodromo per festeggiare i 400 anni della scoperta dell’America, con tanto di tribuna e gare di rilievo nazionale, trotto e ostacoli, ma nel giro di pochi mesi un’alluvione e una delle molte, drammatiche esondazioni del Polcevera lo danneggiarono gravemente.
Però, a Settembre dello stesso 1893, dentro il consolato britannico, un gruppo di uomini inglesi per lo più impegnati nel lavoro di compagnie navali e assicurative, si riunì per ufficializzare la fondazione di un circolo che doveva dedicarsi a più attività sportive: il cricket, la pallanuoto e il nuovo e più popolano “football”.
Nacque il Genoa Cricket and Athletic Club e gli inglesi si rivolsero proprio agli scozzesi della Wilson e Mclaren che misero loro a disposizione quella piazza d’Armi a San Pier d’Arena (questo era il nome corretto, trattandosi ancora di comune separato da Genova) resa inutilizzabile come ippodromo.
Il Genoa, per 4 anni, giocò lì, dove la strada, anni dopo, sarebbe stata intitolata a un ragazzo nato solo nel 1920 e morto giovanissimo, nel 1945, impiccato dal regime fascista: Walter Fillak.
Nel 1896 il nuovo entrato nel club Genoa, il medico, allenatore e calciatore James Richardson Spensley – protagonista della prima vittoria scudetto, quando giocò da difensore e anche da portiere nella stessa partita – propose di cambiare nome  in Genoa Cricket and Football Club.
Spensley aprì ai soci italiani, con successo: il calcio iniziava a crescere e aveva bisogno di prendersi spazi più ampi, così il Genoa C.F.C. si spostò a Marassi, per un nuovo stadio, nella zona di ponte Carrega, cui sarebbe seguito, qualche anno dopo, il neonato Ferraris.
La Piazza d’Armi d Sampierdarena rimase libera e, nel 1898, la celebre società di ginnastica Sampierdarenese lanciò sui giornali un invito ad andare al campo per allenarsi in quel “nuovo sport” – attività che nel quartiere, ancora, soffriva la concorrenza delle bocce e del ben più celebre tamburello – costo di ingresso al campo una lira e cinquanta centesimi di abbonamento mensile.
L’appello, evidentemente funzionò e la Sampierdarenese divenne una squadra temibile, e con l’Andrea Doria, Genova ebbe tre squadre che competevano a livello nazionale.
Il Genoa, si dice, si aggiudicò il primo scontro cittadino fuori casa, vincendo fuori casa a Sampierdarena, anche se è sempre difficile stabilire una cronologia di queste sfide.
Anni dopo, dalla fusione di Sampierdarenese e Andrea Doria, sarebbe nata la Sampdoria.
Questa storia è poco nota, io stesso l’ho scoperta qualche anno fa, per caso, interessandomi alla nascita del calcio e del tifo.
Non avrei mai immaginato che tutto il paese parlasse di via Fillak, ma purtroppo è accaduto.
E, in questa sciagura, sarebbe bello poter recuperare qualcosa, almeno questa piccola storia sportiva.
E magari sognare che un giorno, lì, per ricordarla, torni a esistere un campo sportivo, dove i ragazzi possano giocare e fare sport.
Certo i grandi stadi sono altra cosa e uno stop del calcio, oggi, non avrebbe cambiato la situazione, non avrebbe ricostruito quanto pochi giorni fa è crollato.
Ma nessuno – credo – si sarebbe lamentato di non vedere partite, oggi.
Di aspettare una settimana in più in Agosto prima di guardare lo sport che amiamo e che nacque proprio qui, in un campetto di periferia che oggi non esiste più, vicino a un ponte che – anche lui – non esiste più.
Sono scelte, sono opportunità.
In questo caso, perdute.

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NOTA

Parte delle informazioni contenute in questo articolo le ho desunte da questa pagina, sebbene – purtroppo – il portale non sembri attualmente aggiornato:
 http://www.sanpierdarena.net/armi.htm
Non sono uno storico, pertanto chiunque riscontrasse inesattezze nelle informazioni citate, le può tranquillamente segnalare nei commenti o via mail a rgazzaniga@hotmail.it

 

 

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