(Editoriale pubblicato sul settimanale “Pagina99” del 6 Dicembre 2014)

  

I cani antidroga fiutano gli stupefacenti perché sono in crisi d’astinenza.

I poliziotti sono esperti di arti marziali e tecniche di autodifesa. 

Siete tutti estremisti.

È  arrivata la  Polizia in assetto antisommossa.

Che ci vuole a immobilizzare un ubriaco? 

È partita una carica “di alleggerimento”.

Le volanti hanno i motori elaborati.

Le notti e gli straordinari ve li pagano il doppio.

Anche Pasolini stava coi poliziotti.

Tagliano lo stipendio a tutti, ma agli sbirri lo aumentano per tenerli buoni.

I poliziotti non vengono mai condannati. E se li condannano, non perdono mai il lavoro.

In Polizia basta un diploma per fare carriera.

Quando si mettono il casco è il segnale che stanno per caricare.

Si sono tolti il casco per solidarizzare coi manifestanti.

I poliziotti annunciano lo sciopero.

Si chiamano celerini.

L’avvocato ai poliziotti glielo paga lo Stato.

 

Sono in Polizia da diciotto anni e da diciotto anni sento queste frasi. Da cittadini come da politici, sui social network come sui giornali.

Eppure nessuna di queste frasi è vera.

Lo spazio per le elucubrazioni è grande, perché di Polizia si parla poco e con poca cognizione di causa, spesso scadendo nel grottesco dibattito tra chi sta “pro” o “contro” la Polizia, come se la Polizia non fosse interesse di tutta la collettività.

Noi poliziotti viviamo un momento di confusione e abbandono.

La confusione di chi, ogni giorno, diventa valvola di sfogo di tanti problemi diversi: crisi economica, vertenze di lavoro, problematiche ambientali, tensioni razziali, rabbia verso i politici. In questo contesto noi operiamo senza regole chiare, senza strumenti idonei e protocolli dintervento definiti e, purtroppo, è facile scaricare le responsabilità verso l’operatore che si trova a lavorare in strada, piuttosto che su chi riveste ruoli dirigenziali e politici.

Ci viene richiesta una professionalità che la nostra stessa Amministrazione mortifica con tagli alle risorse, mancanza di formazione, blocchi stipendiali e di carriera, smantellamento dei presidi locali, politiche concorsuali assurde, mezzi di servizio trascurati, caserme fatiscenti. Passando per quella militarizzazione del percorso di ingresso in Polizia di cui Pagina99 ha scritto nella sua inchiesta.

Serve un dialogo ampio e immediato che parta dalla politica e coinvolga le parti sindacali per affrontare problemi ormai ineludibili, prima che il senso di abbandono di chi indossa una divisa porti a pericolose chiusure corporative.

Prima di solcare una nuova e insopportabile distanza tra chi difende e chi dev’essere difeso.

 

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