Fino a poche decine di anni fa, in Italia, un violentatore poteva cancellare sia il suo crimine che la possibile condanna sposando la sua vittima. Non solo: se lo faceva salvava anche eventuali complici.
Si parlava per questo di “matrimonio riparatore” codificato da una legge aberrante che recitava «il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali».
Tutto questo è cambiato grazie al coraggio di una ragazza e della sua famiglia.
Siamo nel 1965: Franca Viola, 15 anni, vive con il padre Bernardo e la mamma Vita ad Alcamo, cittadina della provincia di Trapani.
Nella realtà rurale della Sicilia degli anni Sessanta il fidanzamento, preludio del matrimonio, passa per forza attraverso l’approvazione dei genitori: Bernardo Viola e sua moglie Vita acconsentono al fatto che Franca frequenti Filippo Melodia, un ragazzo del paese con cui potrebbe un giorno arrivare alle nozze.
Tutto cambia quando Melodia viene arrestato per furto e si rivela appartenente a una famiglia mafiosa.
Bernardo Viola decide che la figlia non può frequentare un criminale e rompe il fidanzamento. Melodia emigra per due anni a lavorare in Germania e la sua presenza nella vita dei Viola sembra solo un brutto ricordo.
Poi, però, il giovane mafioso torna ad Alcamo e cerca di nuovo Franca, che nel frattempo ha compiuto 17 anni e ha trovato un altro fidanzato che si fa da parte, spaventato da Melodia che vuole riavere la “sua” ragazza.
Sia Franca sia il padre Bernardo si oppongono, e allora Melodia inizia la sua persecuzione. Distrugge il vigneto dei Viola, brucia il casolare accanto alla casa, porta un intero gregge di pecore nell’orto di pomodori di Bernardo in modo che, pascolando, gli animali lo distruggano, con i suoi uomini minaccia il padre di Franca con una pistola, dicendogli: «Questa è quella che vi farà saltare la testa».
Bernardo, però, non si piega.
Melodia allora elabora un piano brutale per ottenere ciò che vuole, sfruttando i margini che la cultura locale e una legge ingiusta gli concedono.
Il giorno di Santo Stefano del 1965, con 12 uomini armati, fa una spedizione a casa dei Viola: mentre Bernardo è nei campi rapisce Franca e il fratellino di otto anni, Mariano, picchiando la loro madre e distruggendo la casa della famiglia.
La sera la banda rilascia Mariano, ma tiene in ostaggio per giorni Franca, rinchiusa prima in un casolare di campagna, poi nella casa della sorella di Melodia, senza cibo.
L’aguzzino insulta e picchia la ragazza e poi, dopo una settimana, la stupra. È sicuro che, a quel punto, né Franca né suo padre oseranno ancora opporsi al matrimonio, perché nessun altro uomo vorrà in moglie una donna che è stata con un altro.
La violenza sessuale di Melodia non è solo un atto orrido e brutale ma, nella logica perversa del maschilismo, ha anche l’effetto di “marchiare” Franca, disonorandola per sempre.
In un ambiente di forte connotazione religiosa, la castità perduta di Franca la rende indesiderabile per altri uomini.
E poi nessuno oserebbe sfidare un mafioso così deciso ad averla.
Melodia è certo del successo del suo piano e il giorno di Capodanno del 1966, manda i suoi parenti a casa di Bernardo Viola per spiegargli che la ragazza è con lui e ormai non è più vergine. A questo punto si tratta solo di concordare il matrimonio che risolverà tutto.
La “paciata”, si chiama in dialetto.
La pace tra le famiglie.
Ma i Viola non accettano alcuna pace e avvisano la polizia che, nel giro di poche ore, irrompe nel casolare dove è prigioniera Franca e la libera dopo otto giorni di sequestro, arrestando Melodia e i suoi complici.
Eppure non è finita.
Nonostante Melodia sia in arresto, rimane in piedi la possibilità del matrimonio riparatore: se Franca decidesse di sposare il suo violentatore, il reato si estinguerebbe automaticamente e non inizierebbe alcun processo né contro Melodia né contro i suoi complici.
Sarebbe la cosa giusta da fare, secondo la logica di molti, in paese, visto che Franca ormai è “disonorata” e nessuno la vorrà più prendere in moglie e considerato quanto siano pericolosi Melodia e i criminali suoi complici.
Bernardo Viola lo sa. È consapevole che un ulteriore rifiuto potrebbe costare a sua figlia e a tutta la famiglia un prezzo altissimo.
«Vuoi sposarlo e sistemare tutto?» chiede ancora a Franca, quando la riporta a casa.
«No.»
«E allora farò tutto il possibile per aiutarti.»
Come ha raccontato lei stessa: «C’era la paura che dopo il rapimento e la violenza fossi disonorata e quindi destinata a rimanere zitella per tutta la vita. Ma non me ne fregava niente, avrei preferito mille volte vivere da nubile a casa dei miei genitori piuttosto che sposare un uomo che mi ispirava brutti sentimenti».
Il reato, dunque, non viene cancellato e Franca testimonia nel processo contro Melodia che insiste a raccontare bugie, parlando di un rapporto consenziente.
Il prezzo da pagare per il coraggio di Franca è alto: i giornali raccontano dettagli intimi della sua vita, la sua cittadina le diventa ostile, percorsa da un clima di minaccia mafiosa che costringe la polizia a stazionare fuori dalla casa dei Viola. Bernardo è certo di essere isolato e di faticare a lavorare, Franca guardata con disprezzo se non con odio.
Lei, però, non ritratta la sua deposizione: «Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».
Al termine del processo il giudice condanna a 11 anni di prigione Melodia e ad altre pene i suoi complici.
Se anche la pena inflitta è inferiore a quella che l’accusa si aspettava per Melodia, la vicenda di Franca e la sua risonanza mediatica scuotono profondamente il paese.
«Di esemplare resta il comportamento della ragazza, non il verdetto» scrive il «Corriere della Sera».
La vita in paese non è facile: tutti conoscono la storia di Franca e temono le ritorsioni dei complici di Melodia.
Per questo, quando l’amico d’infanzia e compaesano Giuseppe Ruisi le chiede di sposarlo, Franca prova a dissuaderlo, ma lui non ci sente.
«Meglio vivere dieci anni con te che tutta la vita con un’altra»
Un anno dopo la fine del processo Franca e Giuseppe si sposano e, durante la luna di miele, vengono ricevuti da papa Paolo VI.
Hanno avuto due figli e sono tornati a vivere ad Alcamo dopo un periodo fuori dalla cittadina. Il loro è stato un matrimonio lunghissimo e di grande amore.
La vita di Melodia, invece, si è conclusa con la violenza che l’aveva segnata per anni: il persecutore di Franca, uscito dal carcere, è morto in un agguato mafioso nel nord Italia.
«Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile – ha detto Franca in un’intervista – Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori.»
La vicenda di coraggio di Franca Viola e della sua famiglia, diventata all’epoca un caso da prima pagina, ha contribuito ad aprire la discussione sui diritti della donna nel matrimonio e ispirato tante altre ragazze a resistere alle violenze protette dalla cultura patriarcale o dalla legge.
Finalmente, nel 1981, lo Stato italiano ha abrogato la norma che tollerava il matrimonio riparatore.
L’8 marzo 2014, nel giorno della Festa della donna, il presidente della Repubblica Napolitano ha insignito Franca Viola del titolo di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.
Come molte persone che, nel corso della loro vita, hanno compiuto scelte eroiche, Franca – ha raccontato con disarmante semplicità quella scelta.
«Ho fatto la cosa più normale del mondo. Rifiutare di sposare un uomo che non amavo e nei cui confronti avevo un grande risentimento per le violenze che mi aveva inferto, le sembra così eroico?»
In effetti sì, signora Franca, a noi sembra eroico.
Questa storia, qui in forma ridotta, è inclusa nel mio libro “Come fiori che rompono l’asfalto – Venti storie di coraggio” (Rizzoli, 2020).
Il libro è reperibile in qualsiasi libreria fisica e sui principali store on line.