È il 20 Ottobre del 1967 quando Roger Patterson e Bob Gimlinn immortalano il Bigfoot.
Lo fanno con una videocamera in un filmato che dura 1 minuto e per qualche secondo riesce a inquadrare la creatura leggendaria che cammina.
Il Bigfoot sarebbe una sorta di “uomo-scimmia” (“Sasquatch” nella lingua dei nativi americani), fra i 2 e i 3 metri e pesante 200 chili e di cui negli anni sono state rinvenute le enormi impronte.
L’essere inquadrato nel video sarebbe una femmina (per via delle mammelle) alta circa 183 centimetri avvistata dopo anni di ricerche guidate da Patterson che aveva in programma di girare un docu-drama sul Bigfoot
Il filmato viene discusso a lungo dalla comunità scientifica e da altri esperti di riprese. Se diversi esperti lo ritengono un falso, alcuni pensano che la camminata del Bigfoot, il modo in cui usa gli arti e le loro dimensioni non possano essere umani o riproducibili da uomini.
Una (parziale) parola fine alla faccenda viene messa molti anni quando un costumista dichiara di aver venduto un costume da uomo scimmia ai due cineasti e un tale Bon Hieronimus dichiara di essere stato lui a indossarlo, per 1.000 dollari, fingendosi il Bgfoot.
Ciononostante ancora oggi l’esistenza del Bigfoot è oggetto di dispute e risulta che oltre un 10 per cento degli americani creda nell’esistenza di questo uomo scimmia di cui da sempre raccontano i nativi americani che va a far il paio con lo Yeti, del Nepal e delle vette Hymalayane, creatura antropomorfa e coperta di peli a metà tra gorilla, orso e uomo, resa celebre dall’alpinista Reinhold Messner che dichiarò di averla incontrata durante un’ascesa nel Tibet e di averla sentita fischiare verso di lui.
Gli avvistamenti dello yeti sono proseguiti fino ai nostri anni, ma hanno riguardato più che altro impronte e ritrovamenti di peluria. Gli studi più recenti sui peli rinvenuto ipotizzano una specie ibrida e non classificata di orso.
Alcuni studi discutibili e parascientifici vorrebbero collegare questi esseri al Gigantopiteco, un (presunto) genere estinto di primati giganteschi.
Il punto è che nelle prime leggende dei nativi americani il Bigfoot non era un primate, ma un essere umano ricoperto di capelli e barba e peli lunghissimi, ma in grado di parlare o comunicare e questa versione della storia ricorda molto quella europea dell’Uomo Selvatico, una figura presente in tante culture montane, anche italiane.
L’Uomo Selvatico sarebbe un uomo che vive nei boschi, al di fuori della civiltà. Una sorta di buon selvaggio peloso e forte, abile nella caccia, non del tutto sviluppato a livello mentale, malinconico e spaventato dagli uomini ma capace di essere toccato dai gesti gentili, maestro nella cura dei formaggi, protettore del bosco e delle sue creature.
In Italia l’Uomo Selvatico vanta una cinquantina di nomi e diverse feste folcloristiche a lui dedicate che lo evocano con appositi costumi, ma non ci sono avvistamenti noti (per fortuna!).
Spesso lo si incontra invece nei nostri libri.
E’ citato nelle Fiabe Italiane di Calvino, ma anche ne “Le otto montagne di Cognetti”. Peraltro, in qualche modo, uno dei protagonisti di quel romanzo fa questo, si inselvatichisce.
Il mito dell’Uomo Selvatico si palesa anche in “Fiori sopra l’inferno”, di Ilaria Tuti, declinato nella versione di un bimbo sottoposto a esperimenti di psicologia sociale tali da renderlo bestiale, primitivo, avulso dal consesso umano. (Nel romanzo della Tuti ha anche una bizzarra forma di apprendimento che ricorda Frankenstein).
Anche io ho usato un cocktail di queste leggende per dare forma alla creatura del bosco che fa la sua comparsa avvinghiata a un albero all’inizio del mio romanzo “non devi dirlo a nessuno”. È questo incontro a scatenare il domino di eventi del libro.
L’ispirazione, in questo caso, mi è partita da alcuni motivi personali.
Da adolescente per anni ho trascorso le vacanze nel piccolo paese di Lamon, tra veneto e trentino.
Non di rado, tornando a casa la sera da solo, con i boschi intorno, la luna a rischiarare il silenzio, immaginavo che qualche creatura uscisse ululante dagli alberi per braccarmi e allora mi mettevo a correre per l’agitazione. Una volta arrivato a casa, fissavo i boschi sollevato per lo scampato pericolo.
Mi sono così immaginato la scena di due bambini che guardavano il bosco e di qualcuno che, dal bosco, guardava loro.
A questa suggestione si sommò il fatto che un maestro elementare del paese (Stefano, caro) mi spedì alcune ricerche effettuate dai suoi studenti sull’Uomo Selvatico e sul Salvanel, la versione bellunese, più simile a un folletto dei boschi, capace di far sparire i bambini portandoli nella foresta per produrre formaggio ma anche per mangiarli, a volte.
Ricordai allora il racconto di un mio zio circa una persona scomparsa anni prima nei boschi della zona senza essere più ritrovata ed ecco, frullando tutto, l’inizio della mia storia.
Anche se in “Non devi dirlo a nessuno” i veri mostri potrebbero essere nascosti nel mondo reale.
E voi, ricordate qualche libro o racconto dove fa capolino l’uomo selvatico? Oppure la creatura fa parte delle leggende della vostra zona?

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