Il cecoslovacco Emil Zatopek è stato uno dei migliori corridori di fondo di sempre, passando alla storia dello sport con il soprannome di “Locomotiva Umana” per quanto soffiava e sbuffava in corsa, ma anche con quello di “Uomo Cavallo”, per il modo strano e sofferente in cui correva, caracollando in avanti con la testa, a bocca aperta e, talvolta, tirando fuori la lingua, uno stile che risultava ancora più memorabile essendo associato a un aspetto esteriore non proprio avvenente.
“Corre come un uomo con un cappio al collo” dice il New York Herald quando Zatopek imperversa sulla scena mondiale, sbaragliando avversari.
“Un’anima infestata dalla pressione di una tortura fisica e spirituale” fa eco il Times, ma Zatopek risponde in modo ironico: “Non ho abbastanza talento per correre e sorridere allo stesso momento”.
Eppure quest’uomo ricordato per la sua poca grazia in corsa è stato una figura umanamente unica.
Zatopek arriva all’atletica per caso, partecipando a una gara amatoriale organizzata dalla ditta di scarpe per cui lavora, la Bata. Poi si arruola nell’esercito, come ufficiale, continuando a correre e iniziando a elaborare un sistema personale e incredibile di allenamento basato su un concetto molto semplice: centinaia di chilometri a settimana. Arriva a correre, in pista, 50 ripetute di 400 metri al mattino e 50 al pomeriggio. Molte volte corre fuori pista, tra i boschi.
Dal 1948, quando ha 26 anni, inizia a vincere ad altissimo livello: pur avendo corso solo una volta i 10.000 metri, si presenta alle Olimpiadi di Londra e le vince, aggiudicandosi l’oro. Sui 5.000 metri, corsi con pochissimo tempo di recupero, arriva secondo.
Da quel momento Zatopek si afferma come il corridore di fondo e mezzofondo più forte del mondo, vincendo praticamente tutto.
Alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, dove è attesissimo ed è capitano della squadra cecoslovacca, il fuoriclasse, però, non si palesa all’atterraggio in Finlandia: non è partito, rifiutandosi di correre ai Giochi se non viene fatto partire anche il compagno di squadra Stanislav Jungwirth, escluso perché il padre sarebbe ritenuto un sovversivo.
Quando ottiene quanto ha chiesto, Emil parte, anche se circolano già voci che, al rientro, sarà duramente punito.
Zatopek vince un doppio oro su 5.000 e 10.000 battendo il suo grande rivale, il francese Mimoun. Vince i 5.000 mentre sua moglie Dana, lanciatrice di giavellotto che è nata il suo stesso giorno, trionfa anche lei nella sua disciplina.
Non appagato da queste due vittorie, Emil decide di tentare l’impresa più prodigiosa e si presenta pure alla partenza della maratona, nonostante non ne abbia mai corsa una nella sua vita.
Visto che non ha bene idea di quale passo tenere, Zatopek elabora una strategia molto basica: provare a stare addosso all’inglese Jim Peters, campione inglese e primatista mondiale che è in gara quel giorno. L’obiettivo di Emil è farsi scandire da lui un ritmo che non sia eccessivamente veloce o troppo blando e poi vedere come va.
Zatopek è famoso per il suo stile e per la sua scarsa avvenenza (“il più brutto corridore mai visto” scrive di lui il Guardian, nel 1948) ma è anche una persona eccentrica, disponibile e molto chiacchierona: in quei giorni un giornalista gli chiede un’intervista in camera e lui accettato e lo tiene a parlare per un sacco di tempo e, in un altro caso, cede il suo letto a un allenatore australiano che è rimasto senza alloggio, nonostante gli occidentali non siano autorizzati ad accedere negli spazi degli atleti dell’Est. t
A inizio della maratona Emil stupisce un po’ tutti, quando va a salutare il favoritissimo Peters: “Piacere, sono Zatopek” si presenta educatamente, offrendo la mano, anche se ormai tutto il mondo lo conosce.
E anche Peters lo conosce bene, visto che ha smesso di correre i 10.000 proprio perché Zatopek è così forte che non è battibile su quella distanza. Ma, sulla maratona, Emil si presenta solo con un outsider.
Peters freddamente stringe la mano di Zatopek, ma evita di parlargli.
Parte la gara e il cecoslovacco segue il suo piano: rimane con Peters tutto il tempo, fino a che – a metà gara – i due non si trovano in testa da soli.
Allora Emil spunta con la testa ciondolante vicino alla spalla del corridore inglese: “Ehi, Jim, ma secondo te il ritmo è buono? O siamo troppo lenti?” gli chiede.
Peters cerca di fregarlo: “Siamo troppo lenti!” gli dice, un po’ prenderlo in giro, un po’ per farlo accelerare e sfiancare aumentando l’andatura.
Zatopek allora fa il segno di ok con le dita e accelera, lasciando lì Peters, che fatica così tanto per cercare di resistere a quel ritmo pazzesco imposto dalla Locomotiva Umana, da scoppiare e ritirarsi.
Nella seconda parte di gara Zatopek, rimasto solo e non potendo assillare nessuno, si mette a parlare con una macchina piena di fotografi, parla anche con il pubblico e i giornalisti e finisce la gara con un’aria più rilassata del solito, anche se sempre caracollando alla sua strana maniera da animale al galoppo.
Con uno sbuffo chiude la gara e vince il terzo oro di una tripletta incredibile: 5.000, 10.000, maratona.
“Certo, la maratona è una corsa davvero noiosa” dirà ai cronisti entusiasti.
Il trionfo è talmente eclatante e unico e l’atleta è tanto amato, in patria, che questo spinge la Federazione della Cecoslovacchia ad abbandonare i propositi di punire Zatopek per la sua testardaggine.
Zatopek continua a vincere, restando imbattuto sui 10.000 per anni e iniziando la sua parabola discendente solo alle Olimpiadi di Melbourne dove arriva a 34 anni con gravi problemi alla schiena. Si opera di ernia del disco, eppure riesce ugualmente a correre i 10.000, finendo onorevolmente sesto.
Zatopek non starà fermo e zitto nemmeno dopo il ritiro, quando ci saranno da usare le parole contro il regime sovietico.
Nel 1968 è un aperto sostenitore delle riforme liberali della “Primavera di Praga”, insieme alla campionessa Vera Caslavska e scende in piazza a parlare e dibattere e lottare quando i russi rientrano di forza nel paese, in Agosto, diventando ancora più amato dai cecoslovacchi.
Il sogno liberale s’infrange contro la reazione sovietica e chi lo ha sostenuto è il primo a essere colpito.
Come la Caslavska, anche Emil pagherà duramente la sua posizione politica, finendo estromesso dalla vita pubblica e perfino relegato per un periodo di severa punizione in una miniera di uranio, in Siberia.
Al rimpatrio resterà emarginata e vivrà in un roulette e in condizioni economiche molto difficili.
Secondo la leggenda che circonda quest’uomo incredibile, finirà a lavorare anche come netturbino, correndo dietro ai camion della spazzatura mentre la gente, per strada, ancora lo applaudirà.
Lo stesso Zatopek è stato spesso contraddittorio, nelle sue lunghe dichiarazioni, e non sappiamo se anche questo dettaglio della storia sia del tutto vero.
Ma è bello immaginarlo.
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