È la mattina del 7 Agosto 1974 quando i newyorkesi vedono qualcosa di incredibile, nel cielo fra le Torri Gemelle.
I primi che se ne accorgono pensano a uno sbaglio, un’allucinazione.
Si dicono che no, è impossibile, ciò che è sospeso nell’aria fra i due grattacieli non può essere quello che vedono.
Continuano a guardare, schermandosi gli occhi dal sole.
Ma c’è davvero un uomo, lassù.
Non è affacciato da una balaustra, non è attaccato a qualche elicottero, non è assicurato a nessuna corda.
Quell’uomo sta camminando su un filo senza reti di protezione, a 417 metri da terra.
Cammina e basta, nel vuoto.
Si chiama Philippe Petit, ha 25 anni ed è un’artista di strada francese che da anni pratica l’arte del funambolismo.
Petit ha già camminato fra le guglie di Notre Dame, fra i piloni dell’Harbour Bridge a Sidney, sopra le cascate del Naigara, sul superdome di New Orleans, sulla Cattedrale di Laon, in Francia.
Ma questa è l’impresa che coltiva da oltre sette anni, dal momento stesso in cui – ancora minorenne che ruba portafogli per divertimento e si esibisce in giochi di magia – ha visto le Torri su una rivista. Non ancora costruite, ma in fase di progettazione.
“Devo camminare lassù” ha pensato e ha iniziato a lavorare all’impresa, portando parte dei materiali dentro i grattacieli prima ancora che siano finiti e inaugurati, nel 1973.
Non solo, ha anche affittato un elicottero per fotografare dall’alto le Torri e studiare meglio il cavo e le condizioni di un’impresa che, però, rimane fuorilegge. Per questo Petit e i suoi complici si sono introdotti nella notte fra il 6 e il 7 Agosto sulla cima di una delle torri. Hanno lanciato il loro cavo dal tetto di una torre all’altra per poi tenderlo con un piccolo argano.
L’operazione è stata faticosa, lunga, piena di complicazioni tali da far temere un abbandono.
Alla fine il cavo è stato teso, ma nessuno è soddisfatto del lavoro.
“È il peggior cavo che abbiamo mai tirato su” pensano i suoi compari e lo sa anche Philippe Petit.
Non solo, l’altezza è tale che una folata imprevista di vento potrebbe avere conseguenze drammatiche sul suo equilibrio.
Inoltre il funambolo è stanco dopo la lunga nottata e sente dentro un’emozione che conosce molto poco.
Ha paura, come gli amici con lui.
“Dovevo prendere una decisione, spostare il mio peso dal tetto del palazzo al cavo. Probabilmente sarebbe stata la fine della mia vita. Però, d’altra parte, era qualcosa cui non potevo resistere”.
E così eccoci qui, al cavo teso con Philippe sopra, che inizia a camminare.
La gente pensa che sia un folle suicida, le persone aspettano solo che cada.
Philippe, invece non cade, cammina, affronta il cavo.
Cammina e, dopo qualche metro, il volto gli si distende e lui sorride, perché ha “capito” il suo cavo, sa che tutto è a posto può mettere in scena il suo capolavoro.
Philippe sul cavo ci si siede e poi ci si sdraia, sospeso su 400 metri di vuoto.
Si inginocchia, salutando.
Guarda la folla.
“La sentivo, la vedevo, potevo ascoltarne il mormorio”.
Si ferma ad ammirare gli uccelli, New York, quello spettacolo che, comunque vada, sa di non poter più rivedere.
Chi, quel giorno, ha visto Philippe Petit nel cielo tra le Torri racconta di aver assistito a qualcosa di magico, di profondo, di una bellezza irripetibile.
Alcuni fra gli amici piangono, mentre guardano il compagno che realizza l’impressa assoluta. Smettono di preoccuparsi per lui, tanto è grande la potenza dell’esibizione.
Petit rimane sul cavo per 45 minuti, mentre elicotteri sorvolano le torri e lo inquadrano, lo filmano. Mentre la Polizia non sa che fare, con quell’uomo sul filo.
Quando scende e torna sul tetto, nel mondo degli umani, il ragazzo viene immediatamente arrestato, ma l’impresa ha avuto talmente tanto clamore che le accuse contro di lui decadono e la condanna che gli viene comminata è quella di esibirsi per i bambini, a New York.
Non solo, Petit con la sua impresa riesce a rendere per la prima volta “Umane” le due gigantesche torri, fino a quel momento poco amate dagli americani.
Per questo Petit ottiene anche un lasciapassare senza scadenza per raggiungere la vetta delle Torri Gemelle.
E oggi, che le torri non esistono più, rivedere i video della “camminata” è un modo per dimenticare il tremendo disastro che le avrebbe cancellate e riportarle a un’immagine di bellezza.
Dopo questa impresa l’artista francese smette con il funambolismo, come se nessun altro traguardo potesse più avere un senso.
L’impresa di Petit è considerata il “crimine artistico” più importante del secolo e ha ispirato un libro molto toccante “Questo bacio vada al mondo intero” di Collum McCann, che parte dal gesto di Philippe per raccontare le vite di tante persone comuni che ne vengono toccate.
Ad essa è dedicato il celebre documentario “Man on a wire” con Petit stesso, pellicola vincitrice di un Oscar che ripercorre l’impresa incredibile di questo piccolo uomo francese. E il più recente e spettacolare film “The Walk”.
Molte volte, negli anni, le persone hanno chiesto a Petit il perché del suo gesto, dimostrando di non aver compreso lo spirito di questo uomo, questo folle genio, questo artista.
“Non c’è un perché. Semplicemente ho visto un luogo bellissimo per camminare e non ho potuto resistere. Dove voi vedete la morte, io vedo la vita”.

 

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