“Quando mi sono svegliato senza le gambe ho guardato la metà che era rimasta, non quella che era andata persa”.
Non credo ci siano parole migliori di quelle dello stesso Alex Zanardi, per raccontare il segreto della sua grandezza, spirituale e fisica.
Il giorno che spezza in due parti la vita e il corpo di Alex Zanardi è il 15 settembre 2001.
Sul circuito tedesco del Lausitzring, durante una gara di automobilismo della Formula Cart, il trentacinquenne ed esperto pilota Alex Zanardi sta guidando la sua monoposto in una gara di quella Formula Cart di cui è stato campione mondiale nel 1997 e nel 1998.
Ci è tornato proprio nel 2001, dopo una sfortunata esperienza in Formula 1 con la Williams.
Alex ha avuto un inizio di campionato difficile, però sta migliorando le prestazioni e, il 15 Settembre 2001, è partito dal ventiduesimo posto della griglia per poi iniziare una spettacolare rimonta conclusa guadagnandosi la testa della gara.
Quando mancano tredici giri alla fine Zanardi si ferma ai box per l’ultima sosta.
Al ritorno in pista trova una patina di acqua e olio, la sua macchina diventa incontrollabile e va in testa coda mentre sopraggiungono da dietro altre due monoposto, lanciate a tutta velocità.
La prima riesce a evitarlo.
La seconda no, e l’impatto è terribile.

La macchina e il corpo di Zanardi vengono tagliati a metà: da una parte, nell’abitacolo del pilota, c’è la metà superiore di Alex.
Dall’altra parte, nel muso dell’auto, ci sono le sue gambe.
Arrivano i soccorsi e uno dei medici rischia di scivolare su quello che sembra olio motore, ma – in realtà – è il sangue di Alex: perde quattro litri dei cinque che abbiamo in corpo.
Zanardi viene soccorso, gli tappano le arterie come possono, ma le sue condizioni sono così gravi che padre Phil, il prete che segue le gare della formula Cart, gli impartisce l’estrema unzione con l’olio motore della sua macchina.
Lo portano in ospedale dove resta in coma 4 giorni, subisce 7 arresti cardiaci, ma alla fine riapre gli occhi, vivo.
Zanardi rimane in ospedale per un mese e mezzo e subisce una lunghissima serie di interventi chirurgici.
Ma, solo pochi giorni dopo la dimissione, si ripresenta alla premiazione dei “Caschi d’oro” della rivista Autosprint.
Non ci sono parole che possano sostituire l’emozione del momento che trovate nel video sotto e racconta quel momento.

“Mi sono spezzato, ma non mi piego”: mai promessa sarebbe stata mantenuta meglio.
Due anni dopo l’incidente Zanardi torna su una macchina adattata alle sue protesi per guidare al Lausitzring, la stessa pista del terribile incidente. Finisce simbolicamente la gara che aveva interrotto percorrendo gli ultimi 13 giri, ma va così forte che il suo tempo sul giro che gli sarebbe valso il quinto posto sulla griglia di partenza.
Negli anni successivi Alex si cimenta nel Campionato del Mondo riservato alle vetture “Turismo” e il 28 Agosto 2005 vince sul circuito tedesco di Oschersleben con la sua BMW, diventando il primo atleta disabile ad aggiudicarsi una manifestazione iridata nella storia dello sport.
Continua a correre per altre quattro stagioni con nuovi successi, poi scopre –  quasi per caso – una nuova passione.
Succede in un autogrill, dopo un piccolo battibecco con un altro disabile per un posteggio occupato.
“C’ero prima io!” sembrano dire gli occhi di entrambi mentre si guardano dietro il lunotto delle loro auto.
Poi un sorriso e un altro posto che si libera sistemano tutto.
Però, sulla macchina della persona che gli ha “fregato” il posto, Alex ha visto qualcosa che cambierà la sua storia: una bicicletta per disabili, una “handbike” dove le mani spingono i pedali che fanno girare le ruote.
Alex avvicina il conducente dell’altra macchina che gli si presenta: “Ciao, sono Vittorio Podestà”. Da questo incontro non solo nasce una grande amicizia, ma si accende qualcosa nella testa di Alex, che pensa a quel mezzo nuovo, ci ragiona sopra,  fantastica.
Pochi giorni dopo Zanardi prova la bicicletta speciale: scocca immediatamente la scintilla della passione, gli piace, si allena.
All’inizio sale sunna Handbike per sentire la fatica, il gocciolare del sudore sulla fronte, per provare la semplice gioia di correre. Non pensa a vincere nulla, solo al piacere dello sport.
Ma la voglia di competere è sempre viva dentro di lui.
Dopo sole tre settimane di prove attorno Padova, Alex decide di cimentarsi alla maratona di New York e finisce al quarto posto.
Il campione è di nuovo in gara.
DI lì in poi è una serie di trionfi: Zanardi vince una successiva edizione della Maratona di New York, si ripete più volte a Roma, diventa campione italiano e si qualifica per i Giochi Paralimpici di Londra.
Sul circuito automobilistico di Brands Hatch, dove 21 anni prima aveva corso una delle sue prime gare da pilota emergente, Zanardi trionfa e vince l’oro sia nella cronometro che nella prova in linea, corredati da un argento nella staffetta.

Alla fine della gara in linea si getta a terra, cammina sulle braccia e poi solleva al cielo la bicicletta per festeggiare il successo.
Alex ha già 46 anni e questa sembra la vittoria destinata a coronare e chiudere una carriera pazzesca.
Ma non è così.
Zanardi riesce a vincere anche 4 anni dopo, alle Paralimpiadi di Rio 2016, altri due ori e un argento, piangendo di gioia durante l’inno italiano.
Anche stavolta viene spontaneo credere che sia il punto culminante della sua carriera, il massimo possibile e invece no: in questo Settembre 2018 Alex ha migliorato il record mondiale dell’Ironman per disabili, sfida che mette insieme 3,8 km di nuoto, 180 di bici e 42,2 di corsa: percorso che ha chiuso in 8 ore, 26 minuti e 6 secondi, migliorando di mezz’ora il suo stesso record.
“Sono andato oltre i miei sogni” ha dichiarato.

Con le sue vittorie Alex Zanardi non ha solo scritto una storia di gloria personale, ma ha acceso i riflettori sullo sport paralimpico, trascinando un intero movimento e facendo scoprire al grande pubblico le performance impressionanti e la grandezza degli atleti disabili.
Le sue imprese hanno contribuito a cambiare la percezione di tutti verso la disabilità, a farcela vedere molto di più come una condizione che non un limite. Oggi a tante persone disabili viene offerta la possibilità di mostrare talenti che un tempo, invece, erano alienati dalla compassione.
Guardando alla “metà che era rimasta” Alex ha spiegato al mondo che un disabile non è necessariamente un peso per la società: come tutte le persone può esserlo oppure, al contrario, rappresentare una risorsa. Il punto è che non sarà la sua disabilità a deciderlo.

Parte di questo pezzo che avete letto – arricchita dal disegno di Piero Macola in apertura- compone una delle 20 storie del mio libro “Abbiamo toccato le stelle – Storie di campioni che hanno cambiato il mondo”.
In questo mio personale pantheon Zanardi non poteva mancare, perché penso che il coraggio, lo spirito, la forza fisica e morale di quest’uomo siano un messaggio per tutti.
Per noi adulti, quando arranchiamo nei momenti di difficoltà e ci sentiamo cedere. Zanardi ci mostra che a volte si può anche finire spezzati, perché restare integri è impossibili, dentro o fuori. Ma la volontà, lei sì può resistere e non piegarsi.
La vicenda di Zanardi è però un messaggio anche per i ragazzi, per rammentare loro come si possa guardare alle risorse che esistono e non a quelle che ci mancano o abbiamo perduto. Come si debba tentare di far brillare quanto abbiamo, fuggendo i rimpianti, e farlo adesso, senza aspettare.
Siate curiosi e appassionati. E siatelo oggi, perché la vita può essere bellissima ma anche imprevedibile”.
Questo ha scritto Alex per la fascetta del mio libro, regalandomi il grande onore di correggere di persona il pezzo che gli ho dedicato.
Lo ha fatto senza che noi avessimo osato chiederglielo, visti i suoi tantissimi impegni sportivi.
Lo ha fatto mostrandoci tutta quella cortesia e quell’umanità che esce fuori ogni volta in cui noi tutti abbiamo il privilegio di ascoltarlo parlare pubblicamente.
Non posso che ringraziarlo e sperare che (anche) la mia narrazione faccia scoprire la grandezza di quest’uomo e atleta ai pochissimi che ancora non la conoscono.

 

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