Carlos Caszely

Irriconoscibile.

È così che Carlos Caszely – il più forte attaccante cileno trasferitosi a giocare in Spagna – ritrova il suo paese quando ci torna per lo spareggio per i mondiali del 1973.

Il generale Augusto Pinochet ha preso il potere da due mesi con un colpo di Stato contro il regime di ispirazione socialista guidato da Salvador Allende che si è tolto la vita pur di non cadere in mano ai congiurati.

«È possibile che ci annientino, ma il domani apparterrà al popolo, apparterrà ai lavoratori. L’umanità avanza sempre verso la conquista di una vita migliore» dice, prima che il suo destino si compia.

In realtà, però, il Cile è precipitato in un abisso di durissima repressione dove nulla sembra poter essere migliore.

Migliaia di persone – in particolare intellettuali, scrittori e artisti, ma anche semplici cittadini ritenuti ostili al regime – vengono rinchiuse nell’Estadio Nacional de Chile, che diventa un campo di prigionia: lì, gli uomini sono torturati e le donne vengono violentate nella piscina dell’impianto, per vendetta, per cercare di estorcere loro informazioni o per garantirsi che, una volta rilasciati, non abbiano più il coraggio di opporsi al regime.

Alcune persone muoiono durante le torture, per le ferite o a seguito di esecuzione.

Nello stadio si contano almeno 41 vittime documentate, ma altre vengono portate in un impianto vicino per essere finite lì.

Il regime di Pinochet torturerà quasi 30.000 persone causando circa 3.500 morti, anche se il conteggio è reso difficile dal fatto che un terzo di questi risultano fra desaparecidos, scomparsi di cui non si sono mai trovati i corpi perché sepolti in fosse comuni non identificate, ma in alcuni casi venivano anestetizzati e poi gettati ancora vivi da aerei in volo, scomparendo in mare.

Proprio nello stadio teatro degli orrori il Cile deve giocare il ritorno della sfida con l’U.R.S.S. dopo lo 0 a 0 dell’andata per decidere chi andrà ai mondiali.

Il Cile conta sui gol di Caszely, attaccante piccolo, massiccio e baffuto. Dotato di grande tecnica, è soprannominato “Il re del metro quadrato” per la sua efficacia nello stretto.

Carlos è stato due volte campione nazionale con il Colo Colo, squadra della capitale Santiago, segnando 62 gol in 123 partite, in pratica 1 rete ogni 2 in incontri.

Caszely si è trasferito in Spagna, nel Levante, poco prima della morte di Allende e non ha assistito alle violenze del regime. Anzi, forse il trasferimento lo ha salvato, visto che in passato ha più volte mostrato pubblicamente simpatia per Allende, facendosi fotografare al suo fianco.

Quando l’URSS chiede di verificare le condizioni dell’impianto i generali del Cile ripuliscono tutto e fanno sparire ogni traccia delle brutalità: dentro non si vedono soldati né prigionieri.

Ciononostante la nazionale sovietica per protesta non parte.

Il Cile vincerà a tavolino andando ai Mondiali, ma al generale Pinochet questo mezzo successo non basta, vuole che si giochi lo stesso.

Così l’allenatore della nazionale Luis Álamos manda in campo 4 calciatori perché segnino un gol a porta vuota, come gesto simbolico: due di loro sono Carlos Caszely e Francisco Valdés, altro giocatore noto per le simpatie di sinistra, costretti a scendere in campo per la vergognosa sceneggiata.

Caszely vorrebbe gettare la palla in fallo laterale, ma non trova il coraggio. Per non dover segnare quel gol odioso, passa a Valdés la palla da insaccare.

Si racconta che, negli spogliatoi, il disgusto dei due calciatori sia tale che devono vomitare nei bagni.

La madre stessa di Carlos, Olga Garrido, mentre lui torna in Spagna, viene arrestata e sottoposta a violenze e torture.

Quando i Mondiali si avvicinano Pinochet chiede di incontrare la “sua nazionale”.

Passa in rassegna i calciatori che gli offrono la mano da stringere.

Tutti, tranne uno, che non si muove.

È Carlos Caszely che, nella partita di esordio del Mondiale, dopo il gol della Germania Ovest, tira un pugno al tedesco Berti Vogts e si fa espellere.

La stampa di regime si scatena accusando l’attaccante di averlo fatto apposta e il campione viene bandito dalla nazionale.

Caszely resta in Spagna, all’Espanyol, fino al 1978, poi torna in patria per giocare e a segnare di nuovo nel Colo Colo.

I cileni lo amano e lo invocano in nazionale, il bando finisce e il piccolo bomber baffuto trascina la squadra ai Mondiali del 1982 in Spagna, dove però – alla partita di esordio – sbaglia un rigore, attirandosi di nuovo le ire del regime.

In Cile Carlos gioca fino al 1985, segnando altri 89 gol.

Alla fine del suo ultimo campionato Caszely si trova in visita al palazzo del presidente, lo stesso luogo dove si è tolto la vita Allende.

Il bomber si presenta con una cravatta rossa di fronte al dittatore e ancora una volta si rifiuta di dargli la mano.

«Lei porta sempre la cravatta?» gli chiede Pinochet.

«Sì, non me la tolgo mai. La porto dalla parte del cuore» risponde indicandosi la parte sinistra del petto.

«Io gliela taglierei» risponde il dittatore imitando delle forbici con le dita.

L’attaccante si trasferisce in Ecuador, per un’ultima stagione, prima di smettere con il calcio giocato.

Nel frattempo in Cile la crisi economica risveglia l’ostilità della popolazione verso il regime di Pinochet che cerca una legittimazione popolare indicendo un referendum nell’ottobre del 1988. La domanda è semplice: «Volete che Pinochet compia un altro mandato, della durata di otto anni?».

In un paese governato da una giunta militare l’esito del voto sembra scontato, grazie alla pressione che il dittatore può esercitare. Pinochet sfrutta per la propaganda anche il calcio, promettendo di investire trecento milioni di dollari per completare lo stadio Monumental dove gioca proprio il Colo Colo.

Dall’altra parte, però, c’è un paese esasperato da anni di dittatura in cui ormai la televisione offre spazi di dissenso.

Ogni sera, in una sorta di tribuna politica, le persone che voteranno “Sì” e quelle che diranno “No” hanno quindici minuti di tempo per esprimere la propria posizione.

Una sera la televisione si collega dal salotto di una donna, Olga Garrido.

La signora, ormai anziana, racconta la sua esperienza di orrore.

«Fui rapita da casa mia e portata in un luogo sconosciuto, dove fui torturata e violentata brutalmente. Per rispetto nei confronti dei miei figli, della mia famiglia e di me stessa non raccontai tutte le vessazioni che subii. Le torture fisiche si possono cancellare, ma le torture morali non le dimenticherò. Non posso riuscirci, perché le ho ancora ben chiare nella mia mente e nel mio cuore. Perciò, io voterò “No”: affinché un domani si possa vivere in una democrazia libera, senza odio, con amore e gioia.»

E a questo punto succede l’incredibile.

La telecamera cambia inquadratura e in video spunta un gagliardetto del Colo Colo, poi appare Carlos Caszely.

Anche il bomber ha qualcosa da dire.

«Per questo il mio voto è “No”. Perché la sua allegria è la mia allegria» dice, mentre siede al fianco della signora Olga Garrido. «Perché i suoi sentimenti sono i miei sentimenti. Perché domani si possa vivere in una democrazia libera, sana, solidale. Perché questa bella signora è mia madre.»

Le persone presenti in quel salotto raccontano che, finito il servizio, tutti si mettono a piangere.

Alle elezioni quasi 60% dei cileni vota “No” a un nuovo mandato di Pinochet, sancendo la fine del regime.

In un calcio così spesso impermeabile a quanto accade nella società, Carlos Caszely ha rappresentato una meravigliosa anomalia, per la sua attenzione al mondo esterno che continua ancora oggi, nel 2020: durante l’epidemia di Coronavirus, Caszely è andato di persona all’Ospedale di Sótero del Río, nella città di Puente Alto, per donare cinquecento mascherine protettive per il personale medico.

«Insisto, noi siamo esseri umani e il calciatore, sfortunatamente, dimentica da dove viene. Entra in una bolla, indubbiamente meravigliosa, che non gli permette di guardare oltre il suo naso. E questo non dovrebbe accadere. Non dovresti mai dimenticare da dove vieni, come sei, e non dovresti mai cambiare il tuo modo di essere”.

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Questa storia, raccontata in forma più estesa e dettagliata, è inclusa nel mio libro “Come fiori che rompono l’asfalto – Venti storie di coraggio” edito da Rizzoli e uscito nel Settembre 2020.
Si trova in tutte le librerie fisiche e negli store digitali.


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