Alessandro De Roma, autore al sesto romanzo e già tradotto in Francia, ritorna in libreria dopo 7 anni dal bellissimo “La mia maledizione” (Einaudi).
Lo fa con un romanzo che, a sua volta, ritorna su temi a lui cari: la frattura della famiglia, la scoperta delle sessualità e le sue successive conseguenze, il rapporto con la genitorialità, la perdita.
In questo “Nessuno resta solo” i protagonisti sono due uomini, Guido e Tonio, padre e figlio i cui rapporti sono di gelo se non di aperto disprezzo (Tonio chiama il padre Vecchio Stronzo, Guido attende dal figlio solo le buste postali che contengono medicine) mentre entrambi devono confrontarsi con la perdita della persona amata.
Guido ha perso il faro che rendeva accettabile una vita ordinaria e priva di guizzi da professore universitario e studioso degli effetti (poco percettibili) del fascismo sulla Sardegna. Ha perso sua moglie, madre di Tonio.
Tonio deve affrontare la tragica scomparsa di Nicola, l’uomo che amava e con cui viveva una relazione lunga eppure ancora incerta che le famiglie non potevano né volevano vedere e conoscere.
Padre e figlio, entrambi e in modi diversi disperati e soli, dovranno fare i conti con il vincolo del sangue che – quasi loro malgrado – lì unisce e con la consapevolezza di essere ciascuno per l’altro il solo vero legame rimasto dentro una vita che ha perso il suo senso.
Un padre e un figlio che non vorrebbero essere l’unica cosa che rimane, forse non vorrebbero nemmeno essere padre e figlio. Ma lo sono e con questo devono comunque fare i conti.
Un padre e un figlio che non vorrebbero essere l’unica cosa che rimane, forse non vorrebbero nemmeno essere padre e figlio. Ma lo sono e con questo devono comunque fare i conti.
Alessandro De Roma è un caro amico, per me.
Un uomo che stimo e a cui mi sento vicino per tanti motivi, non ultimo l’aver mantenuto accanto al mestiere di scrivere il suo primo impiego di insegnante del liceo classico. In alcuni casi – e per Alessandro è così – “restare nel mondo” ha un effetto benefico sull’autore, spinge a costruire percorsi meditati in cui ogni libro trova un suo posto e un suo senso.
Alessandro è anche un eccellente scrittore, apprezzato dalla critica, capace di scavare a fondo nell’animo umano e nella complessità dei rapporti personali, abile a raccontare anche il dolore e le derive delle mente cui il dolore espone.
In “Nessuno resta solo” sceglie anche di rappresentare, nella vicenda di Tonio, un amore omosessuale e la difficoltà non solo di viverlo ma anche di gestirne la tragica fine rispetto all’ambiente familiare. Non solo è confinato al silenzio l’amore, confinata al silenzio è anche la morte dell’amato.
Una scelta non semplice e che in Italia – rammarica dirlo, ma ne ho avuto ahimè esperienza diretta – dobbiamo ancora definire “coraggiosa” considerato l’ostracismo o quanto meno la scarsa visibilità di cui godono le narrazioni che lasciano spazio all’amore fra persone dello stesso sesso.
Una scelta non semplice e che in Italia – rammarica dirlo, ma ne ho avuto ahimè esperienza diretta – dobbiamo ancora definire “coraggiosa” considerato l’ostracismo o quanto meno la scarsa visibilità di cui godono le narrazioni che lasciano spazio all’amore fra persone dello stesso sesso.
De Roma ne scrive con delicatezza stilistica ma senza ipocrisie edulcoranti/evitanti.
Consiglierei questo libro a chi ha amato, per esempio, “Il nero e l’argento” di Giordano o “Addio ai fantasmi” di Nadia Terranova. Ritrovo il tema della famiglia, della frattura, della perdita, insieme a una scrittura elegante e misurata, come lo è Alessandro, anche nella vita.
Chiunque spende tempo con un libro di De Roma, alla fine dirà di averlo speso bene.
“Nessuno resta solo” di Alessandro De Roma (Einaudi, 2021) si può acquistare in qualsiasi libreria o ai link indicati qui.
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