La notizia ha mandato in fermento migliaia di appassionati del mistero, di ragazzini e adulti, creduloni e non; senza contare l’economia della zona, che sulla leggenda di Loch Ness ha costruito un fatturato di turismo milionario.
Nessie, il mostro di Loch Ness, non solo è stato avvistato, ma fotografato più volte a distanza di poco tempo e da persone differenti.
Lo raccontano il Daily Express e lo Scottish Sun.
Giovedì 23 Agosto, al tramonto, una ragazzina di 12 anni di nome Charlotte Robinson avrebbe scattato quella che viene considerata “la miglior foto” della presunta creatura da anni a questa parte.
Charlotte, in pratica, ha vissuto il sogno di ogni turista in viaggio a Loch Ness: in vacanza con i genitori, ha visto qualcosa di molto grosso nuotare e fare capolino dal lago in cui, da secoli, si vocifera della presenza di Nessie. La ragazza è riuscita a immortalare l’apparizione nonostante la distanza, per una foto che è diventata – ovviamente – virale.
Ma c’è di più.
La mattina dopo, il 24 Agosto, la segretaria di scuola canadese Lynn Locke, a 12 miglia di distanza dal punto di avvistamento di Charlotte, ha fotografato nuovamente un oggetto non precisato in acqua. Era vicino a Urquhart Castle, luogo dove Nessie, negli anni, è stata avvistata più spesso.
“Stavamo visitando il castello quando ho notato qualcosa muoversi in acqua, con dietro una striscia di bolle che lo seguivano. E’ andato sott’acqua un paio di volte, per poi riapparire. Mi è parso strano e avendo sentito la storia di Nessie, ho scattato un po’ di foto” ha raccontato eccitatissima la donna, che era circondata dallo scetticismo dei parenti ma, dal canto suo, sperava di vedere Nessie.
E ha avuto ragione. Sarà come nei film, in cui devi solo crederci e le cose capitano?
Io sono stato a Loch Ness quando avevo 20 anni di meno e molti chili di più.
Mi ero appassionato a Nessie alle scuole medie, quando – durante l’ora alternativa di religione – un certo professor De Rosa che non sapeva bene come gestire noi bambini miscredenti dell’istituto, ci faceva scrivere: storie, telecronache di partite immaginarie, ricerche.
Io dedicai un pezzo a Nessie, incollando sul quaderno alcune foto delle apparizioni ritagliate dall’Espresso, che dedicava un lungo articolo all’ennesima spedizione per cercare la creatura. Spedizione che non aveva dato risultati, ma creato in me il desiderio invincibile di andare a cercare Nessie.
Nel 2000 visitai finalmente la Scozia con i miei due migliori amici, spedendo cartoline alla bella ragazza che mi aveva appena mollato, sperando di convincerla a tornare sui suoi passi con la narrazione del mio viaggio sulla tracce di Nessie.
Anche in quel caso, ci credevo.
Raggiungemmo Loch Ness trovando alloggio accanto al lago, costeggiamo le sue lunghissime coste in auto e andammo proprio al castello. Era sera, il sole velato di nuvole, l’aria già fredda di Agosto. Ricordo di aver fissato l’acqua con tanta speranza, ma niente, nessuna testina preistorica, nessuna bolla, nessun serpentone.
Crederci non mi bastò a vedere Nessie e nemmeno a riconquistare la ragazza.
Ci aveva creduto molto, invece, San Colombano, nel 556 d.c., quando fece tornare “la bestia” dentro le acque da cui era emersa a colpi di fede e preghiere.
Ma, in quell’avvistamento, la forma non era specificata e, a tutt’oggi, è parte del mistero, oggetto di speculazioni e smentite.
Nel 1871 tale Dottor Mackenzie testimonia di aver visto un oggetto lungo contorcersi e agitarsi tra le acque, ma è solo nel Maggio 1933 che si scatena la Nessie-mania, quando due albergatori della zona, i Mckay, raccontano ai giornali dell’avvistamento di una specie di balena che zampilla e sembra giocare felice in acqua.
Solo due mesi dopo, i londinesi signori Pricer avvistano una creatura lunga circa 25 – 30 metri sulla terra ferma.
A novembre mister Hugh Gray scatta la prima foto immortalando qualcosa che striscia in superficie come una sorta di serpente acquatico. Secondo alcuni maligni, sarebbe solo il cane di Gray che nuota con in bocca un bastone, secondo altri un’anguilla.
Nel 1934 Robert Kenneth Wilson scatta una foto destinata a passare alla storia, ritraendo la testa di Nessie che esce dall’acqua in una grossa parte. L’immagine viene pubblicata in pompa magna dal Daily Mail, diventando fondamentale nella circolazione della leggenda e oggetto di eterni dibattiti circa la sua autenticità.
Il bizzarro sottomarino-mostro è ancora affondato nel lago, a meno che non sia riemerso oggi, causando l’attuale trambusto.
Nel 1934, durante la notte, lo studente di veterinaria Arthur Grant riaccende l’attenzione su Nessie, quando racconta di aver rischiato di investire in moto una strana creatura a metà tra foca e plesiosauro, munita di pinne, con il collo serpentiforme e gli occhioni grandi, lunga tra i 4 e i 6 metri.
Chissà come è andata poi, la carriera veterinaria di questo Grant che confondeva lontre con plesiosauri.
Nel 1955 un tale MacNab immortale in foto qualcosa di enorme sorpreso a pelo d’acqua vicino al castello di Urquhart. Considerata la lunghezza dell’ipotetico mostro e il fatto che la torre del castello è alta 20 metri, anche la creatura non sarebbe piccolina. Ma, secondo alcuni, nella foto sarebbero due.
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Negli anni successivi gli avvistamenti sono continuati, adeguandosi ai rinnovati strumenti tecnologici.
Nel 1993 un documentario chiamato Loch Ness Discovered, cerca di migliorare un’antica ripresa della creatura, ripulendo e sovrapponendo i vecchi fotogrammi: dalla lavorazione appare qualcosa che sembra simile a un plesiosauro, tanto che il tecnico che se ne occupa dice: “Prima di vedere il vecchio film, pensavo che il mostro di Loch Ness fosse solo un mucchio di sciocchezze. Dopo aver fatto la valorizzazione, non sono così sicuro”.
Nel 2009 il signor Jason Cooke sostiene di aver beccato Nessie utilizzando niente meno che Google Earth, ma – francamente – il dubbio che abbia solo beccato una barca è notevole.
Un fatto è certo: ogni epoca ha usato la sua più moderna tecnologia per cercare Nessie, ma nessuno è riuscito a fornire una prova decisiva dell’esistenza di una qualche forma di vita enorme e ignota, in grado di sopravvivere nel gigantesco Loch Ness, lungo 37 chilometri e profondo fino a 230 metri, 65 chilometri quadrati di acqua costantemente fredda, capace di gelare durante l’inverno.
Gli studi sostengono che, se davvero esistessero dei predatori di questa portata nel lago, allora non consentirebbero la sopravvivenza di altre specie e finirebbero privi di nutrimento, sebbene i Nessie-fans ribattano che, se il mostro davvero può uscire dall’acqua come raccontano alcune versioni della storia, allora può mangiare anche fuori.
Certo immaginare, oggi, in cui ci sono cellulari ovunque che un coso di vari metri vaghi per i boschi scozzesi e poi si tuffi in acqua indisturbato è difficile.
O, almeno, lo è stato fino a oggi.
La storica doppietta di apparizioni dell’Agosto 2018, l’insegnante e la bambina che fotografano a distanza di poco tempo e spazio due presenze simili, ridanno forza a quanti di noi, in fondo, credono che il mostro possa davvero stare là sotto, magari usando un canale di collegamento sommerso con il Mare del Nord, balzana ipotesi già formulata più volte, ma ancora priva di riscontri.
Si parla di nuove possibilità di ricerca e mappatura del lago con studi sui DNA presenti che spazzerebbero per sempre via i dubbi, sciogliendo il secolare dilemma.
Ma, forse, io preferisco che il mistero rimanga sempre così. Sospeso, non disvelato.
Sono diventato scettico su (quasi) tutto, crescendo. Però, almeno su Nessie, voglio tenere aperta una piccola porta alla fantasia, tenere in vita una piccola parte di quel ragazzino che iniziava a scrivere storie alle scuole medie. Un ragazzino cui il pensiero di arrivare a raccontare le sue storie sui libri sarebbe parso molto più stravagante e incredibile dell’esistenza di un serpentone che da secoli nuota beato, giocando alla faccia degli uomini, dentro un gelido lago scozzese.
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