Ormai è ufficiale: il musical “Mamma mia”, interpretato nel 2008 da Meryl Streep, Amanda Seyfried, Pierce Brosnan e Colin Firth con la colonna sonora degli ABBA, avrà un seguito.
Il primo film è stato un successo senza precedenti, diventando il musical che ha incassato di più nella storia del cinema e guadagnando in tutto il mondo oltre 600 milioni di dollari.
Ma è impossibile attribuire tutto il merito al cast stratosferico, alla trama divertente, all’ambientazione solare e romantica della Grecia. Ne abbiamo visti diversi, di musical ben riusciti e congegnati, anche superiori.
Si tratta degli ABBA, io non ho dubbi.
Gli ABBA hanno addosso una magia che trasforma in oro e successo tutto quanto toccano, un tocco fatato che li accompagna dalla sera del 1974 in cui iniziarono a imporre il loro nome sulla storia della musica, del costume, della Svezia loro paese e poi del mondo intero.
Succede a Brighton, in Inghilterra, quando sul palco dell’Eurovision Song Contest sale uno strano quartetto di sconosciuti vestiti in un ardito stile glam-storico-country e accompagnati da un direttore d’orchestra in costume da Napoleone.
Il gruppo é nato ufficialmente già da un paio d’anni e si è esibito per la prima volta dal vivo su una spiaggia di Cipro, per alcuni militari al servizio dell’ONU.
Non si tratta di dilettanti, per niente.
Ci sono due ragazze i cui nomi iniziano con la A: si chiamano Anni-Frid e Agnetha.
Anni-Frid Lyngstad é nata in Norvegia durante l’occupazione nazista, con una storia pazzesca alle spalle: sua madre era stata inserita in un esperimento di eugenetica e Anni-Frid era nata dal rapporto fra lei e un ufficiale nazista già sposato. La madre era quindi dovuta fuggire in Svezia per timore di rappresaglie e in Svezia la piccola “Frida” era cresciuta, affermandosi come cantante soul e vincendo un concorso televisivo per nuove proposte.
Agnetha Fältskog è invece pura svedese, giovane, biondissima e bellissima. La ragazza, già a 15 anni, è diventata prima voce in un’orchestra e a 17 anni ha lasciato l’impiego di centralinista che si era trovata, diventando una star del pop come solista e piazzando un singolo in lingua svedese in testa alle classifiche per 15 settimane.
Con loro ci sono due uomini, due svedesi non particolarmente aitanti, ma esperti musicisti provenienti dalla scena folk ed eccellenti compositori. Proprio grazie alla musica hanno conosciuto le due ragazze, sposandosele.
I nomi dei due uomini iniziano con la B: Bjorne Ulvaeus (il marito di Agnetha) e Benny Anderson (lo sposo di Frida) già da tempo collaborano insieme con buon successo.
L’idea di unire i quattro spiriti e talenti è inevitabile e porta alla creazione di una super-band: Agnetha, Bjorne, Benny e Anni-Frid danno vita al gruppo che prende il nome dalle loro rispettive iniziali: ABBA.
La band suona un pop distante dalle esperienze di ciascuno. Soprattutto il gruppo opta per la lingua inglese nei testi, invece dello svedese.
Quando si palesano sul palco del teatro di Brighton la vittoria dell’Eurovision pare già saldamente in mano alla famosa eroina di casa, l’attrice e cantante inglese Olivia Newton John, con “Long Live Love”.
Al massimo potrebbe insidiarla Gigliola Cinquetti con “Sì”, canzone discussa per il titolo, visto che incombe il referendum sul divorzio e la Rai si rifiuta di mandare in onda la diretta perché quel “Sì” potrebbe influenzare il voto.
Ma appena gli ABBA attaccano con Waterloo si capisce che non c’è storia: il mix incredibile fra le voci delle due ragazze, la linea melodica che si stampa dritta in testa, il ritornello che fa impazzire il pubblico, l’appeal di Agnetha e Frida, la stramba presenza dei silenziosi e imprescindibili compositori Bjorn e Benny: è una Waterloo per tutti gli altri cantanti in gara.
Gli svedesi stravincono l’Eurovision, ma la critica immagina per loro il futuro di tanti altri vincitori della rassegna, comete scomparse in poche settimane dalla scena. Nomi associati a una sola canzone e nient’altro.
Mai previsione fu più sbagliata.
Gli ABBA, negli anni seguenti, riescono a sfornare una serie tremenda di hit che segnano la storia della musica: Mamma Mia, Fernando, Money Money Money, Super Trooper, Sos, Gimme Gimme Gimme, Chiquitita, The name of the game. La lista è troppo lunga per ricordarle tutte, forse la seducente Dancing queen è il pezzo che li rappresenta meglio di altri.
Gli ABBA venderanno 380 milioni di dischi.
380 milioni, ma vi rendete conto?
Per capirci: quando in Australia esplode la ABBA mania, in 12 date la band mette insieme 160.000 spettatori. E la sera in cui la televisione australiana, nel 1976, trasmette uno speciale sulla band raggiunge uno share pari solo a quello dell’allunaggio.
Nel 1977, quando devono suonare per due sere alla Royal Albert Hall di Londra, arrivano richieste di prenotazioni per 3 milioni e mezzo di biglietti.
Dopo i primi anni al top i rapporti interni alla band, però, mostrano segni di logoramento.
Le due coppie divorziano, anche se la band decide di restare unita, tenta di proseguire e resistere. Dalla separazione sentimentale, peraltro, esce fuori uno dei pezzi più memorabili e struggenti della discografia del gruppo, la stupenda The winner takes it all con l’interpretazione commovente di Agnetha che canta la fine del suo stesso amore con Bjorn.
Gli ABBA continuano a vendere, anche se la critica non apprezza il cambiamento che li porta a virare su suoni più sperimentali e testi di maggiore sensibilità, come nella malinconica Slipping through my fingers, dedicata a una figlia che diventa grande e si allontana dall’amore della madre.
Nel 1982, con la rapidità con cui sono emersi, gli ABBA lasciano le scene. Alle spalle hanno una decina d’anni di attività, otto dischi in studio e un marchio indelebile impresso nella storia del pop e della musica, un segno fatto di canzoni impossibili da non canticchiare e portare nel cuore, come se avessero dentro un incantesimo.
I quattro musicisti seguono strade diverse, le ragazze da soliste, Bjorn e Benny sempre insieme e con successo, specie come compositori di musical.
Si risposano tutti e quattro, ma i rapporti tra loro rimangono sempre amichevoli e, in realtà, il gruppo non si scioglie mai ufficialmente, anche se rifiuta ogni proposta di riunirsi per dischi o live. Sembra che la band abbia detto no persino a un’offerta mostruosa da un miliardo di dollari per un tour, sostenendo di “non voler deludere i fan”.
Quando si dice la classe.
Nel frattempo gli ABBA sono entrati nella Rock and Roll Hall of Fame e “Mamma mia”, film ispirato al musical composto da Bjorne e Benny, è diventato un successo planetario, rilanciando la loro fama e il loro successo a distanza di anni, rimettendo di nuovo in moto le ruote dorate di una macchina nata per il successo.
Lo scorso anno gli Abba si sono ritrovati per festeggiare i 50 anni di attività di Bjorne e Benny e, per la prima volta dal 1982, hanno cantato tutti insieme.
Nostalgia? Rimpianti? Vecchi e tristi musicisti che non torneranno mai più lassú, in cima alle classifiche?
Manco per niente.
Sembra che per il 2018 verrà lanciato un rivoluzionario e misterioso progetto che sfrutterà le potenzialità tecnologiche attuali in modi inediti per riportare a vivere oggi la musica degli ABBA.
Per mostrare anche al pubblico di oggi, “chi siamo stati. E chi siamo”, ha detto la band.
E, sempre nel 2018, uscirà il seguito di “Mamma mia”, un nuovo musical con le canzoni escluse dal primo film.
Ho il vago sospetto che sarà ancora un successo, che l’incantesimo non sia ancora svanito per i quattro ragazzi che stravinsero l’Eurovision e, in qualche modo, non invecchiano mai.
Thank you for the music.
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