Intervista pubblicata sull’edizione nazionale di  “La Repubblica”. 
Sotto la foto trovate  il testo integrale, per chi avesse difficoltà di lettura.

 

 

 

La figura del “celerino” sembra monopolizzare in questi ultimi mesi l’attenzione di letteratura e cinema. La conferma arriva dalla vittoria, al prestigioso Premio Calvino, di Riccardo Gazzaniga con il suo A viso coperto (che uscirà a febbraio 2013 da Einaudi Stile libero), romanzo corale che racconta di una squadra di agenti del reparto mobile e di un gruppo di ultrà.
Rispetto al passato, la differenza, questa volta, la fa l’autore. Gazzaniga è, infatti, un sovrintendente della Polizia di Stato che presta servizio a Genova, proprio nel reparto mobile di stanza a Bolzaneto, la caserma tristemente celebre per esser stata luogo di violenze e umiliazioni durante il G8 del 2001. In quelle stesse palazzine, Gazzaniga, riposti nell’armadietto casco e manganello, è rappresentante del Silp Cgil e responsabile della biblioteca.

 

Perché in tanti libri c’è questo interesse per la polizia, anzi per i celerini?
«Più che per la polizia penso che l’interesse sia dovuto all’impatto mediatico dell’ordine pubblico. Dai fatti del G8 di Genova, all’omicidio del collega Raciti a Catania, a quello del tifoso Sandri, e poi i disordini di Roma e quelli e per le proteste No Tav, le manifestazioni dei disoccupati, Fiat, Fincantieri, ormai buona parte della vita politica italiana finisce in piazza, dove spesso genera conflitto. Forse la gente vuole capire cosa c’è dentro di noi, dentro persone spesso indicate come marziani».
Cosa racconta A viso coperto?
«Fondamentalmente la reazione, il cambiamento e le scelte di alcune persone che devono fare i conti prima di tutto con la violenza e poi con il tradimento dell’amicizia o dei loro valori. Il nucleo dei protagonisti è soprattutto quello di due gruppi, gli agenti da una parte e gli ultrà dall’altra, entrambi della mia città, Genova. Ma i poliziotti si confrontano anche con i cortei di lavoratori, degli anarchici, degli studenti…».
 E…?
«E dall’una e dall’altra parte c’è chi ne esce bene e chi male. Non volevo rappresentare i poliziotti come alienati, come figure esasperate, ma il più possibile reali. E come loro gli ultrà».
 
Le violenze al G8 di Genova segnano ancora il rapporto tra polizia e società civile.
«Sì. Il G8 ha inciso in modo determinante sul personale dei Reparti Mobili. Non solo su chi l’ha vissuto direttamente, ma anche su chi, come me, non lavorava a Genova nel 2001 (era a Milano, n.d.r.). Per anni è stato difficile lavorare anche solo in un clima di normalità, specie a Genova. Per questo l’ombra del G8 percorre il mio romanzo, nei ricordi dei personaggi che riflettono sui fatti, gli errori, le conseguenze. La sentenza di pochi giorni fa ha allargato le responsabilità penali ai livelli direttivi, oltre che a quelli operativi. Io credo che le parole del Capo della Polizia segnino un’importante, positiva rottura con quel passato. Ci furono anche responsabilità decisionali, morali e politiche, ben all’esterno della nostra amministrazione. Queste difficilmente potranno essere oggetto di un processo, ma hanno pesato come un macigno».

 

A proposito, come votano i poliziotti? È corretto dire che il vostro è un ambiente di destra?
«Forse un tempo. Oggi molto meno e lo dimostra la forte presenza di un sindacato come la Cgil proprio nei reparti “celere”. E soprattutto tra i miei colleghi predominano il disinteresse e il distacco dalla politica».

 

Vincitore di un premio letterario così prestigioso, in caserma cosa le diranno?
«Anche se con piccoli editori è già qualche anno che scrivo e i colleghi hanno in genere apprezzato, anzi, spesso mi dicevano di raccontare proprio la nostra vita».

 

Quando si dice celere si pensa alla “carica”. Cosa accade in quel momento?
«Nel libro la carica ha un ruolo importante, ma se dovessi definirla con una sola parola direi questa: confusione».

 

Scrittore e poliziotto, va d’accordo con la sua metà?
«Certo. Uno dei motivi per cui non cambierei mestiere è che, nel bene e nel male, siamo dentro le cose, vediamo la realtà com’è davvero, nella sua maniera più cruda, dal livello della strada, che è quello che ti permette di farti un’opinione e trovare spunti per scrivere».

 

Commenti