Nel 1986, a 26 anni, Luciano Ligabue sente che il tempo rimasto per inseguire i suoi sogni è poco.
Diplomato in ragioneria, Ligabue ha fatto i mestieri più disparati: bracciante agricolo, operaio metalmeccanico, conduttore radiofonico, commerciante, promoter, calciatore nelle serie inferiori.
Ma non è felice, non si sente realizzato.
Il rock fa parte della sua vita da anni: lo ascolta, lo vive nei concerti cui va con gli amici, a volte nella stessa Correggio, cittadina dove è nato e abita. Nonostante le dimensioni, Correggio è un fulcro di vita musicale, di radio indipendenti e di piccole band talentuose.
Il rock Ligabue lo suona, ma quasi sempre lo suona per sè e lo fa sentire agli amici con cui divide la stessa passione. Non ha una band e, tanto meno, un pubblico.
Solo quando ha già 27 anni, fonda il suo primo vero gruppo musicale, gli Ora Zero.
La prima volta che sale su un palco, davanti a 100 persone, non è più un ragazzino. Ma è allora che capisce di aver trovato il suo posto e la sua strada, e di voler tentare tutto pur di percorrerla.
Si dedica alla band e partecipa a diversi concorsi provinciali e nazionali per emergenti. Suona brani originali, composti da lui e rimasti in cassetto per troppo tempo.
Pezzi come “Anime in plexiglass”, “Sarà un bel souvenir”, “Bar Mario”, “Figlio d’un cane”.
Chi li sente, capisce che hanno qualcosa.
Il successo, però, è lontano e gli show live restano molto pochi.
Come lo stesso Ligabue ha raccontato, la leggenda della sua “lunga gavetta” musicale è falsa. La sua è piu che altro una lunga attesa per capire – prima – cosa desidera fare e – poi – come realizzarlo.
L’occasione arriva con Pierangelo Bertoli.
Ligabue e soci lo beccano con un sistema all’antica: l’elenco del telefono. Sotto la B trovano il numero di “Bertoli Pierangelo” e riescono a fargli ascoltare un pezzo di Ligabue, che Bertoli include in un suo album: si chiama “Sogni di rock and roll”.
Il sogno di un album degli Ora Zero, invece, è ancora lontano.
La prima traccia “ufficiale” risale al 1988: “Anime in plexiglass/Bar Mario”, singolo stampato dall’Arci di Modena, che vede la luce in seguito alla vittoria in un concorso musicale provinciale.
Il pezzo esce in 1.000 copie.
Poco dopo, però, gli Ora Zero si sciolgono: la band è troppo scoraggiata dalle difficoltà incontrate per arrivare al sospirato contratto.
La storia della musica è lastricata di talenti che potevano essere, ma non sono stati e – a una certa età – bisogna smetterla di cazzeggiare.
Ligabue non molla, ma quando, nel 1989, il produttore di Bertoli Angelo Carrara decide di investire su di lui, è un cantante senza una band.
A questo punto, con alcuni musicisti locali, fonda un gruppo senza nome che, solo anni dopo, diventerà il Clan Destino, con registra il primo disco.
Tutti quanti ascoltano i promo di questo lavoro si accorgono che è una bomba. La tracklist è zeppa di potenziali singoli da classifica: “Bambolina e barracuda”, “Piccola stella senza cielo”, “Bar Mario”, “Marlon Brando è sempre lui”, “Sogni di rock and roll”.
Ligabue suona un rock che in Italia non si era mai sentito, la sua musica va a colmare una lacuna, apre una nuova strada.
La copertina prescelta non è il solito faccione patinato che va di moda all’epoca: è una cover senza foto, riprende una brochure promozionale. Risulta spartana, ma – a suo modo – innovativa.
Rimane da risolvere il nodo del titolo. L’album dovrebbe chiamarsi “E non è obbligatorio essere eroi”, che non suona troppo bene.
Allora, visto che Ligabue insiste a dire che “anche il cognome non è male” , si sceglie proprio quello, per dare titolo al disco.
Si chiamerà “Ligabue”, secco, perfetto per restarti in testa.
L’album che punta al sogno di rock and roll è pronto, ma c’è un ultimo e non piccolo problema.
La prima, incandescente canzone, quella che deve aprire il varco tra i fan e trascinare Ligabue in classifica, ha un grosso difetto. Si chiama “Eroi di latta” e il testo critica soprattutto il mondo musicale degli anni 80, il suono finto di certo pop e gli eroi costruiti a tavolino.
Il produttore Carrara telefona a Ligabue e gli chiede se lui davvero pensa che, al primo pezzo del primo album, sia il caso di mettersi in cattedra a criticare tutti e insegnare alla gente come dev’essere e cosa deve ascoltare.
“Cazzo, ha ragione!” realizza Ligabue e, in un’ora, riscrive il testo da capo affinché sia meno presuntuoso. La nuova canzone, ora, si chiama “Balliamo sul mondo” e noi sappiamo che sì, con quel titolo e quel testo, ha proprio funzionato.
Il resto… Beh, il resto forse lo sapete: vittoria al Festivalbar emergenti, oltre 200.000 copie vendute, 5 volte disco di platino, un tour infinito da 250 concerti solo per il primo album. E poi tutto quanto verrà.
Sogni di rock and roll che – una volta tanto – si avverano.
Il bello di certe storie, in fondo, è proprio questo.
E guai a chi ci sveglia.
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